C'è lavoro per l'Europa

Il 9 maggio abbiamo celebrato la festa dell’Europa. Molto bene, anche se temo che l’invasione russa dell’Ucraina produca, al di là della giusta condanna dell’azione russa, qualche dimenticanza o ritrattazione storica. Il 9 maggio, dal 1965, il blocco ex sovietico celebra la resa della Germania nazista verso l’Unione Sovietica. In questi giorni sembra che si voglia contrapporre la parata russa del 9 maggio alla giornata europea che poco ha a che fare con la liberazione del maggio del 1945 dal giogo nazifascista.

Cominciamo con un distinguo per cui la Russia di Putin non ha nulla a che fare con l’Unione Sovietica, anche se entrambe hanno compiuto persecuzioni di popoli entro i loro confini, limitato le libertà democratiche perseguendo gli oppositori e potremo continuare con un elenco lunghissimo. Ma c’è un ma per cui l’Unione Sovietica ha combattuto il nazismo, dopo avere firmato un trattato di neutralità e spartizione della Polonia con Hitler, e grazie anche alla ex Urss, non solo con la battaglia di Stalingrado il nazismo fu sconfitto. Infatti, la parata del 9 maggio sulla Piazza Rossa di Mosca fino a qualche tempo fa non solleticava le ansie e gli interessi occidentali.

Il 7 maggio, per la cronaca e la storia, i generali nazisti firmarono la resa agli alleati occidentali. Allora diamo alla festa dell’Europa il suo vero significato e cioè il ricordare gli inizi delle prime azioni politiche per costituire un’Unione Europea non solo economica ma politica. Riconosciamo il 9 maggio, evitando le appropriazioni politiche indebite di Putin di quella giornata, ma per ricordare il contributo determinante del popolo sovietico alla sconfitta del nazifascismo in Europa. Con l’eccezione di Spagna e Portogallo che continuarono decenni con la dittatura franchista e di Salazar. Ma anche qui poco importava, direi a tutti, di quei due Paesi considerati marginali per i vincitori occidentali negli assetti geopolitici. Anzi, i due dittatori Franco e Salazar con i loro regimi fascisti non erano affatto isolati politicamente.

La vittoria sovietica del 7 maggio 1945 non va confusa con Putin e non bisogna nemmeno regalargliela. D’altra parte l’occidente è in parte responsabile dell’avvento di Putin, successore di Eltsin. Infatti, non bisogna dimenticare che con il crollo dell’Unione Sovietica nel biennio 1990-91 e l’avvento di Gorbaciov con la sua politica di Glasnost, trasparenza, e la Perestroika tentò un percorso di trasformazione del regime sovietico in una socialdemocrazia moderna. Progetto apertamente osteggiato dall’occidente, Europa compresa, perché l’obiettivo era tentare di sbriciolare l’impero sovietico sino a farlo scomparire. Per questo Europa e Usa sostennero Eltsin che attaccava la politica di Gorbaciov che voleva riformare il sistema in senso socialdemocratico tenendo in piedi l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche mentre i suoi oppositori con Eltsin in testa volevano costruire la Federazione Russa, smantellando l’Urss, e pensando a una grande Russia con degli stati satelliti. Ovvero negli anni ’90, l’Occidente sosteneva quello che oggi Putin sta praticando con l’invasione dell’Ucraina.

Detto ciò, che è molto legato alla trasformazione futura del nostro Paese, se oggi l’Europa non riesce a cogliere la necessità di trasformarsi riformando e rimediando ad alcuni errori storici rischiamo di subire uno stop politico molto più forte della crisi economica e energetica che ci deriva dal conflitto in corso. L’Europa deve liberarsi dal processo decisionale unanimistico per tornare a quello maggioritario dando priorità politica decisionale alla Commissione Europea e non ai singoli stati. Occorre affrancarsi dalla Nato, non uscendone, ma agendo come soggetto europeo con un sistema di difesa unico e quindi come soggetto unico nell’ambito Nato e non più come singoli Paesi. Altrimenti ha ragione Trump quando disse che gli Usa mettono i soldi nella Nato e l’Europa no e quindi si fa come dice chi mette i soldi. Punto. È semplice.

Occorre passare a un Europa a più velocità, a cerchi concentrici, nei processi decisionali politici, economici, di governance e di difesa. L’Italia deve riuscire a stare nel cerchio più ristretto perché se da una parte dobbiamo essere soddisfatti dei miliardi ricevuti dal Pnrr dall’altra non dobbiamo dimenticare che se siamo il Paese più aiutato vuol dire che siamo anche quello più in crisi e difficoltà. Allora le riforme diventano fondamentali anche se sono osteggiate dai nanerottoli della politica casalinga, incompetenti e sempre alla ricerca del facile consenso elettorale.

Cito quelle del catasto e del fisco ma le due vere riforme sono quelle del mercato del lavoro per andare verso una maggiore sicurezza del lavoro e nel lavoro che va accompagnata o meglio preceduta da una riforma culturale dell’imprenditoria italiana, in mano alla piccola e media impresa, compresa Confindustria. Imprenditoria che nei suoi posti di comando esprime limiti di visione strutturale e attitudine alla richiesta assistenziale. Per alcuni aspetti non sta meglio il sindacato che necessiterebbe anche lui di una riforma culturale, se guardiamo al dibattito attuale torinese.

Ha ragione Romano Prodi quando dice che da un evento tragico l’Europa e l’Italia possono ridestarsi e rilanciarsi. Dopo ogni tragedia storica è il momento di ricostruire e bisogna ricostruire meglio di prima senza dimenticare la storia e imparando dalla storia. Ora l’Europa agisca come soggetto politico unico per cercare la tregua tra i combattenti, poi costruire una soluzione di pace con un accordo in cui i due contendenti arretrino di un passo e Zelenski segnali ne ha dati. Si ricostruisca l’Ucraina fisicamente e politicamente.

Infine, dagli sconvolgimenti economici, a partire dall’agroalimentare, si pongano le basi per i cambiamenti necessari affinché l’Italia diventi un paese moderno, più autonomo nelle materie prime, nella dipendenza energetica, nella produzione agricola.

Insomma, si crei lavoro. L’Italia è un Paese fondato sul lavoro.

Ps. E poi noi italiani il 9 maggio non dobbiamo dimenticare l’omicidio di Peppino Impastato e il ritrovamento del corpo di Aldo Moro e tutte le vittime del terrorismo.

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