GIALLOROSSI

Dal campo largo al campo minato,
il Pd finisce nella trappola grillina

L'ex M5s Bertola, appena rieletto al vertice della Commissione Legalità di Palazzo Lascaris, si scaglia contro il collega dem Sarno: "È indagato per tentata concussione". E così si vendica anche del mancato sostegno del partito al rinnovo dell'Udp

A inseguire il grillo su di un prato si sono accorti di aver rotto col passato. Parafrasando un po’ Lucio Battisti il nastro rosa diventa un cappio (al collo del Pd), mentre il campo più che largo appare minato. È soprattutto nei rapporti con i dem che giocano i grillini di ieri e quelli di oggi. In Parlamento come a Palazzo Lascaris dove il presidente della commissione Legalità Giorgio Bertola, fondatore del Movimento 4 ottobre, non attende neanche ventiquattr’ore dalla riconferma per sparare addosso al collega del Pd. Ci va di mezzo Diego Sarno, attivista di Acmos, che sulla sua pelle ha sperimentato l’ormai celebre detto nenniano secondo cui a fare il puro “troverai sempre uno più puro che ti epura”. E così è successo anche al povero consigliere regionale, inciampato in un’inchiesta per tentata concussione dove risulta indagato assieme al sindaco di Moncalieri Paolo Montagna. «Sarebbe quindi auspicabile un passo indietro del consigliere dal rappresentare il Piemonte dentro organizzazioni impegnate contro le mafie e la corruzione, come Avviso Pubblico, almeno fino a che la giustizia non avrà fatto il suo corso» lo attacca Bertola. Inutile dire che Sarno non è ancora neanche stato rinviato a giudizio, tanto né lui né tantomeno Bertola hanno una vaga idea di garantismo come dimostra la campagna condotta proprio dal Pd in un’altra aula, quella del Comune di Torino, contro un consigliere di centrodestra, Domenico Garcea, colpevole di “parentela criminale”.

E così Bertola si è preso la sua rivincita anche contro quel Pd che gli ha voltato le spalle nell’elezione per l’Ufficio di presidenza. L’ex candidato governatore del Movimento 5 stelle, che nel 2019 era stato eletto consigliere questore dell’Udp, ha sperato fino all’ultimo nella conferma cercando proprio una sponda nel Partito democratico, ben sapendo che i suoi ex compagni grillini avrebbero puntato su uno di loro, dopo che lui ha abbandonato la barca. E invece il Pd ha privilegiato il campo largo sulla scorta del disegno nazionale favorendo la designazione di Ivano Martinetti. Ma la vendetta è un piatto da servire freddo e così ha aspettato prima di essere confermato in commissione Legalità – dove pure c’era chi ha tentato di fargli lo sgambetto – per sparare contro Sarno. E per capire il perché di tanto astio non c’è neanche da scavare troppo, è scritto tutto nella nota inviata oggi: «Già nella scorsa legislatura il Pd aveva posto il veto alla candidatura di Francesca Frediani (anche lei poi fuoriuscita, assieme a Bertola, dal M5s ndr) in quanto troppo vicina agli ambienti No Tav e in questa, attraverso un video, poi rimosso, lo stesso Partito democratico avesse alluso al fatto che non votare il proprio candidato (Diego Sarno) fosse “un brutto segnale”». Infine Bertola arriva a consigliare al Pd con chi dovrebbe sostituire Sarno, indicando «Mauro Salizzoni, personalità che gode di prestigio internazionale e che degnamente può rappresentare il Piemonte all’interno di Avviso Pubblico». Poiché, conclude Bertola «a rappresentare la Regione in ambiti che hanno a che fare con il contrasto alla criminalità organizzata devono essere personalità totalmente estranee a inchieste e indagini che possano mettere anche solo lontanamente in dubbio l’integrità dell’istituzione che rappresentano».

print_icon