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Covid, la linea dura... dura minga. "Ribellione" ai diktat di Speranza

Più le restrizioni aumentavano, meno la popolazione era disposta ad accettarle. Uno studio rivela il comportamento degli italiani tra lockdown e zone rosse. Una riflessione sulla posizione (anche di fronte ai cali dei contagi) intransigente del ministro

Più sono rigide le restrizioni, meno vengono rispettate. Dai due anni di pandemia arriva anche questa lezione, di cui far tesoro in eventuali e non auspicabili future occasioni. Quello che viene definito “effetto rilassamento”, eufemismo per mascherare un mancato o parziale rispetto delle norme, lo si è visto progressivamente aumentare da novembre 2020 a maggio 2021. E proprio in questa circostanza più le restrizioni anti-Covid erano rigide e più rapidamente diminuiva l'adesione alle restrizioni da parte degli italiani. È quanto emerso da una ricerca pubblicata sulla rivista Plos Digital Health da Laetitia Gauvin della Fondazione Isi a Torino. 

La stanchezza da pandemia, ovvero la diminuzione della motivazione ad aderire alle misure di distanziamento sociale e ad adottare comportamenti di protezione della salute, rappresenta un problema significativo per i responsabili politici e sanitari, nel malaugurato caso venissero chiamati a decidere nuove restrizioni per una recrudescenza del Covid o per altre necesità di salute pubblica.

Lo studio osserva come nel periodo compreso tra novembre 2020 e maggio 2021, in Italia sono state adottate restrizioni graduali per mitigare la diffusione del Covid, con regioni dichiarate rosse, arancioni, gialle o bianche a seconda dei dati sanitari di ciascuna. Come ben si ricorda, le restrizioni andavano dal coprifuoco notturno nella fascia gialla all'obbligo generale di rimanere a casa nella fascia rossa. In questo studio, i ricercatori hanno utilizzato i dati di mobilità su larga scala di Facebook e Google acquisiti in 20 regioni italiane nel 2020 e nel 2021 per analizzare la stanchezza da pandemia. 

Usando i dati di Facebook e Google si possono stimare il numero di spostamenti di un utente nel tempo e il tempo trascorso a casa. “Abbiamo visto che appena viene imposta una restrizione la mobilità individuale si abbassa, ma poi nel tempo risale e risale tanto più rapidamente quanto più rigida è la restrizione applicata”, spiega uno degli autori della ricerca Michele Tizzoni

In particolare nei mesi considerati nello studio la mobilità delle persone è andata via via crescendo per un aumento complessivo medio, per tutte le fasce di colore e regioni italiane, di oltre il 15% a partire dal livello di abbassamento iniziale della mobilità riscontrato al momento dell'inizio delle restrizioni. 

Se si concentra l’attenzione sulle fasce rosse, la mobilità individuale, che scende del 40% al momento dell'entrata in vigore della restrizione, è aumentata di un ulteriore 0,16% al giorno e il tempo trascorso fuori casa è aumentato di un ulteriore 0,04% rispetto alla media. Ciò significa che per ogni due settimane trascorso in fascia rossa, si registra un aumento medio del 3% della mobilità, che aumenta con una velocità doppia rispetto alle fasce di colore con meno restrizioni. “Come già osservato in altri paesi abbiamo visto che col tempo le persone tendono a rispettare meno le restrizioni sugli spostamenti, con effetti più rapidi in caso di restrizioni più rigide” spiegano i ricercatori. E se “le restrizioni forti sono state necessarie, particolarmente quando non c'erano i vaccini,  è importante tenere conto che all'imposizione di misure più rigide si assocerà una tendenza delle persone a riprendere via via le proprie attività”.

Dallo studio emerge una conclusione, peraltro già evidenziata in maniera empirica e oggetto di più di una polemica sulla necessità di mantenere in vigore norme decisamente restrittive anche di fronte a un calo dei contagi e delle ospedalizzazioni, con una conseguente accentuata incomprensione e contrarietà da parte di una grossa fetta della cittadinanza.  

“I nostri risultati dimostrano che l'adesione alle regole può essere difficile da sostenere nel tempo, soprattutto quando vengono applicate le misure più severe. E il nostro studio – osserva Gauvin – suggerisce ai responsabili politici di considerare attentamente l'interazione tra l'efficacia delle restrizioni e i cambiamenti spontanei del comportamento delle persone”.

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