Giustizia, questione capitale

Il prossimo 12 giugno nel silenzio generale si andrà a votare su importanti referendum sulla giustizia. In un Paese come l’Italia, in cui ogni giorno si fanno nuove leggi per complicare la vita dei cittadini ed è quasi impossibile fare delle riforme che cambino l’ordinamento dello Stato in favore di una maggiore libertà ed efficienza, l’arma dei referendum, per quanto spuntata, rimane una delle poche leve nelle mani dei cittadini per cambiare qualcosa. Purtroppo, in Italia esistono solo referendum abrogativi e non propositivi e per giunta materie come il fisco e i trattati internazionali non sono soggetti a referendum. Una tale impostazione dello strumento referendario testimonia il paternalismo dei padri costituenti che di fatto non si discosta dall’idea di Stato etico del fascismo. Il paternalismo è la versione destra del socialismo e parte dal presupposto che i cittadini siano una sorta di fanciulli che necessitano di essere guidati da gente esperta. Se si assume che i cittadini siano infanti non in grado di prendere decisioni sensate, la conseguenza è che siano anche incapaci di scegliere i propri rappresentanti che pertanto non possono essere considerati gli esperti che guidano gli altri. Uno dei tanti cortocircuiti logici delle visioni stataliste.

In passato ci sono stati dei referendum che sono stati totalmente disattesi dalla politica come quello sulla privatizzazione della Rai e quello sulla responsabilità civile dei magistrati, ma nonostante ciò rimangono uno, se non l’unico, strumento in mano ai cittadini per poter in qualche modo incidere sulla formazione delle leggi.

La giustizia è fra le varie riforme necessarie, quella che può sembrare avere meno impatto sulla vita del cittadino, ma non è così. Una giustizia che non funziona causa ingenti danni economici perché riduce gli investimenti sia italiani che esteri. Se un cliente non paga e ci si mette anni per risolvere la faccenda o se per una qualsiasi disputa commerciale non se ne viene a capo che dopo anni, tutto questo riduce la volontà di fare investimenti sia per gli imprenditori italiani e soprattutto stranieri. Una giustizia certa e veloce è un bene per i cittadini e l’economia in generale.

Con lo scandalo Palamara è stato palese a tutti, anche a chi voleva negare l’evidenza dei problemi insistenti nel sistema giudiziario italiano, fra correnti, lotte di potere e processi decisi sui media e non nelle aule di tribunale e poi su tutto una lentezza esasperante in cui bisogna sperare di avere una vita lunga per vedere la fine di un processo. Riuscire per esempio a recuperare un credito dopo dieci anni, dopo aver speso molti soldi in avvocati e spese giudiziarie non rappresenta un grosso vantaggio e spesso pur di non imbarcarsi in un’impresa lunga e costosa e dall’esito incerto si preferisce subire la perdita e questo è un altro motivo per cui molti delinquenti la fanno franca. Gran parte della carriera dei magistrati è decisa dall’anzianità e questo rappresenta un altro problema della giustizia italiana. I cinque referendum sulla giustizia del prossimo 12 giugno rappresentano un tentativo di riformare la giustizia e assumano un’importanza capitale per poter sperare di riformare la giustizia verso una maggiore efficienza e tutela del cittadino.

Per essere validi i referendum devono raggiungere il 50% degli aventi diritto e per questo è molto importante andare a votare per poter un segnale della presenza di una istanza di cambiamento alla politica che spesso è sorda alle richieste dei cittadini.

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