Damilano, il Centro e i populisti

La recentissima scelta di Paolo Damilano di abbandonare la Lega di Salvini perché “sovranista” e, di conseguenza, la coalizione di centrodestra, merita rispetto in quanto è una decisione coraggiosa e che è destinata ad aprire un dibattito politico, almeno a livello locale.

Ora, al di là di coloro che si sono fatti eleggere dal centro destra alle elezioni politiche del 2018 e poi scoprono, misteriosamente, ad una manciata di mesi dalle prossime elezioni politiche che quella coalizione era sovranista e populista e quindi non più frequentabile, la scelta di Damilano e del suo partito invece può innescare seriamente un confronto politico, culturale e programmatico degno di nota. A due condizioni, però, almeno a mio parere.

Innanzitutto, si tratta di capire se tutti coloro che ritengono che le due attuali coalizioni - la destra e la sinistra alleata con i populisti - siano veramente diventate due cartelli elettorali unite solo ed esclusivamente dalla volontà di contrastare e annientare l’avversario/nemico e non per un reale e credibile disegno politico, vogliono fare un salto di qualità e intraprendere un nuovo cammino. È indubbio che ci troviamo di fronte ad un processo di scomposizione e di ricomposizione del quadro politico nel nostro paese. Se, infatti, queste due coalizioni contengono al proprio interno svariate ricette programmatiche e diverse prospettive politiche, è giocoforza che deve nascere un polo politico – definiamolo sbrigativamente un’area di Centro, liberale e riformista – che riesca ad essere politicamente coeso e più credibile attorno alle priorità che intende perseguire. Il processo è avviato a livello nazionale come a livello locale e nelle prossime settimane vedremo come riuscirà a trovare un punto di sintesi politico. I leader in campo li conosciamo, i partiti che si richiamano al Centro politico pure e la necessità di dar vita ad un progetto che superi i due tradizionali cartelli elettorali, ormai sempre più precari e fragili, è sufficientemente nota. La sfida e la vera scommessa politica restano, adesso, quelle di trasformare questa esigenza e questo auspicio in un vero, autentico e credibile progetto politico e di governo. Una sorta, come l’abbiamo definita recentemente a Torino al convegno di “Noi Di Centro”, di “Margherita 2.0”. Almeno sotto il profilo del metodo politico.

In secondo luogo, però, si tratta di un’area politica e culturale, ovviamente plurale, che non può disperdersi in mille rivoli. Seppur rispettando le singole specificità e le varie esperienze politico e culturali presenti, i personalismi – se esistono, e probabilmente esistono come sempre capita in politica – vanno tranquillamente e sistematicamente superati e rimossi a vantaggio della credibilità del progetto e della serietà della prospettiva in campo. Lo si deve fare a livello nazionale come a livello locale. Sarebbe puerile se di fronte al sostanziale ed irreversibile sfaldamento delle due tradizionali alleanze che hanno caratterizzato la politica italiana dopo la fine della prima repubblica, ci fermassimo sulla soglia a discettare di incompatibilità caratteriali o ad alimentare ridicole divisioni tra i vari soggetti in campo. Chi si fa artefice di queste miserie umane ne risponderebbe di fronte a tutti coloro che vedono in questo progetto un modo per rialzare il prestigio della politica e anche la fecondità e attualità del riformismo.

Ecco perché la recente scelta politica di Damilano può essere importante e degna di nota. Purché assuma questi due elementi come prioritari rispetto ad ogni altra scelta politica o ambizione personale o di gruppo.

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