Il Centro non è una zattera

Il Centro politico sarà presente alle prossime elezioni generali della primavera del 2023. Il progetto è ormai definito e non saranno le simpatiche, nonché ridicole, pregiudiziali personali a bloccare un progetto che è sempre più indispensabile per ridare qualità alla politica e autorevolezza all’azione di governo. E, soprattutto, per mettere definitivamente in discussione quel “bipolarismo selvaggio” che ormai si è ridotto alla sommatoria di due cartelli elettorali caratterizzati dalla voglia di distruzione/annientamento del nemico politico attraverso i soliti ritornelli dell’anticomunismo e dell’antifascismo. Due categorie che ormai sono sempre più patetiche agli occhi di tutti coloro che non fanno della curva sud e del ricordo nostalgico la loro ragion d’essere.

Ma, al contempo, il futuro Centro – che assomiglierà sempre di più, come ha detto giustamente Clemente Mastella alla convention nazionale dei giorni scorsi di “Noi Di Centro”, ad una sorta di “Margherita 4.0” – non può trasformarsi in una zattera dove può confluire chicchessia. Certo, le pregiudiziali e i pregiudizi non appartengono ai protagonisti di questo progetto ma è indubbio, al contempo, che non è un cantiere dove può confluire chi, semplicemente, non ha più una casa politica ed organizzativa. E questo per due elementi decisivi.

Innanzitutto, il Centro sarà un partito politico con una cultura politica. Ovvero, una cultura politica di centro. Che, detto in termini ancor più semplici, significa la netta ed inequivocabile avversione verso tutte le degenerazioni populiste e sovraniste che hanno caratterizzato la politica italiana in questi ultimi anni. Due derive che hanno creato guai alla nostra democrazia, ridotto l’efficacia dell’azione di governo e calpestato la stessa credibilità delle nostre istituzioni democratiche. Pertanto, nessun cedimento a partiti e movimenti che si riconoscono in questo filone. A cominciare dal partito populista e antipolitico per eccellenza, ovvero il partito dei 5 stelle.

In secondo luogo, il nuovo Centro sarà un soggetto plurale. Politicamente e, soprattutto, culturalmente. Certo, la cultura cattolico popolare e cattolico sociale si riconosce pienamente in questo progetto politico e di governo. Ma è indubbio che molte altre sono le culture che confluiranno in questo partito/federazione. E questo perché essendo un soggetto plurale le diverse sensibilità culturali sono accomunate da un disegno e da un impianto riformista e non da un unico ceppo ideale. Non a caso, i protagonisti e i leader nazionali di questo progetto – da Renzi a Mastella, da Casini a Toti a Quagliariello a molti altri – appartengono a storie diverse ma ispirate dalla volontà di declinare un vero e credibile riformismo e di governo nel nostro Paese. Questa è e sarà la cifra distintiva del progetto riformista e della “Margherita 4.0”.

Ecco perché il Centro riformista e di governo non sarà una semplice zattera dove tutto è possibile. Compreso la deriva trasformista che ha dominato e caratterizzato la politica italiana in quest’ultima legislatura, carica di contraddizioni e di opportunismo politico e parlamentare. Porta aperta a tutti, com’è ovvio, anche perché questo luogo politico non è lontanamente confrontabile con quei partiti che coltivano un’anomala e sempre più ridicola “superiorità morale” nei confronti degli avversari politici. Mi riferisco, cioè, al principale partito della sinistra italiana. Il moralismo e la demonizzazione etica degli avversari non ci appartiene. Al contempo, però, è di tutta evidenza che chi partecipa a questo progetto condivide un impianto politico, culturale e programmatico definito, netto e trasparente. Detto in altre parole, le derive che hanno contagiato la politica italiana in questi ultimi tempi non avranno cittadinanza nel nuovo Centro di governo del nostro Paese. E questo non per il bene e il futuro di questa formazione politica ma, semmai, per la credibilità del riformismo e per la serietà e la trasparenza della politica italiana.

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