Alleanze chiare al Centro

Il Centro, piaccia o non piaccia ai sostenitori del “bipolarismo selvaggio”, sarà presente alle prossime elezioni politiche generali. Che si tratti di una federazione o di un partito poco importa. Quando esiste lo spazio politico e, soprattutto, la domanda di una fetta consistente di elettorato come ci spiegano ormai tutti i sondaggisti, è del tutto ovvio che l’offerta politica prima o poi arriva.

Al di là e al di fuori dei soliti pregiudizi personali e delle varie, e ridicole nonché grottesche, pregiudiziali di natura personale che questo o quel leader accampano. Nodi che si sciolgono come neve al sole, come sempre puntualmente capita. Ma l’elemento di maggior interesse, e anche di maggior importanza, è ovviamente un altro.

Accanto alla costruzione politica dello strumento organizzativo, cioè il partito, c’è il capitolo delle alleanze da costruire in vista della consultazione della primavera del 2023. Un nodo politico che non può e non deve essere affrontato con la logica del pallottoliere, molto caro all’attuale segretario del Partito democratico che concepisce la coalizione solo come una clava per randellare l’avversario/nemico da distruggere e da annientare. Una tesi che, coerentemente, è ispirata ad un bipolarismo che ripropone nel nostro Paese, in forma seppur aggiornata e rivista, la stagione degli “opposti estremismi”. Non a caso, appena le urne hanno sancito il consolidamento del partito della Meloni, è ritornato il solito ritornello del “rischio fascista” e simili amenità. E, a breve, e puntualmente, ascolteremo anche lo speculare rischio della “deriva comunista” in caso di potenziale vittoria della sinistra post-comunista. Un film già visto centinaia di volte per essere ulteriormente approfondito e preso seriamente in considerazione.

Ora, però, al di là di queste goliardate politicamente irrilevanti e del tutto fuori tempo e fuori tempo, quello su cui vale la pena richiamare l’attenzione in merito all’identità e alla prospettiva del Centro, è il capitolo delle alleanze. E allora diciamolo una volta per tutte. Il nemico numero uno, il principale avversario politico per una politica di centro, democratica e riformista è rappresentato dal populismo, dall’antipolitica, dalla demagogia, dalla trivialità del linguaggio e dall’attacco alle culture politiche e ai partiti organizzati e democratici. Cioè da tutto ciò che semplicemente ha rappresentato il grillismo populista nel nostro paese in questi ultimi anni. Questo resta il partito con cui non si può e non si deve stringere alleanze politiche e di governo. Senza equivoci e senza tentennamenti.

In secondo luogo, il rischio della deriva sovranista che, detto tra di noi, è però molto meno visibile e pericoloso perché più sfumato e tutto sommato privo di una strategia politica, culturale e di governo di lungo termine. Ma anche con questa sub cultura le alleanze non è possibile stringerle per una forza di Centro riformista, democratica e di governo. Perché, semplicemente, sarebbe una coalizione alquanto sterile, incoerente e soprattutto inconcludente sotto il profilo dell’efficacia dell’azione di governo.

Ecco perché il profilo delle alleanze e delle coalizioni non sono una variabile indipendente per la prospettiva politica del Centro riformista e democratico. Senza nessun pregiudizio anomalo, senza alcuna pregiudiziale personale e men che meno veti singolari e antistorici sui singoli partiti. Ma, come ovvio, per ragioni dettate esclusivamente da motivazioni di ordine e di carattere politico. Insomma, anche questo è un metodo che contribuisce a ridare nobiltà, dignità e autorevolezza alla politica. Contro il degrado di questi ultimi anni, dominati dal populismo, dal più sfacciato trasformismo politico e da uno squallido opportunismo parlamentare.

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