Il Centro non è un pallottoliere

Mai come in queste settimane – e nei mesi a venire, come ovvio – si parla del “Centro”, del suo ruolo politico, della sua cultura di governo e del suo essere elemento di stabilità e di equilibrio nel quadro politico complessivo. Certo, come in tutti i processi politici – soprattutto dopo una stagione dominata dal populismo, dalla demagogia e dall’antipolitica grillina – non si possono inventare i progetti politici banalmente a tavolino o limitarsi a fare ridicole e grottesche sommatorie. Il Centro, cioè, non può e non dev’essere un pallottoliere. Il Centro, al contrario, è un progetto politico che dev’essere accompagnato da una cultura politica. Certamente non da una sola cultura politica. Anche perché il futuro soggetto di Centro ha un profilo “plurale”. E, di conseguenza, non può che avere riferimenti culturali plurali.

Ma il dato politico che conta – al di là di personaggi come Calenda che continuano a distribuire pagelle di competenza, di onestà, di presentabilità e di capacità a destra, a manca e quindi anche al Centro – è che il partito di Centro, riformista e di governo, non può essere un raccoglitore indistinto ed anomalo di tutti coloro che non si riconoscono più in questo “bipolarismo selvaggio” che si caratterizza solo come un mezzo per distruggere ed annientare il rispettivo avversario/nemico. No, il Centro è un luogo politico che deve contemplare al suo interno forze, movimenti e partiti che hanno una cultura e una storia di Centro alle spalle. Certo, non Calenda che ha dichiarato ripetutamente che “Il centro gli fa schifo” e, di conseguenza – almeno così dovrebbe essere secondo logica – anche coloro che si riconoscono nel Centro, cioè i cosiddetti centristi.

Dico questo anche per un’altra ragione. Di carattere politico ma anche, e soprattutto, di credibilità della politica. Ovvero, essere al Centro ed essere di Centro non ci si improvvisa. Finché dominava il populismo di matrice grillina tutto era possibile perché in un contesto segnato dal “nulla della politica” tutto era possibile. Cioè tutto e il contrario di tutto. Come l’esperienza concreta di questi quattro anni di legislatura ha platealmente confermato e dove è del tutto inutile ogni altro commento al riguardo. Adesso, però, con il lento tramonto – speriamo irreversibile e definitivo anche se non possiamo ancora farci illusioni che potrebbero essere smentite nell’arco di poco tempo – del populismo anti politico, demagogico, giustizialista e manettaro, la politica con i suoi istituti deve ritornare protagonista. Ma, accanto al protagonismo della politica, è ancor più importante la credibilità dei progetti politici che si mettono in campo. E, restando al Centro, conteranno il profilo politico del suo progetto di governo e, soprattutto, le donne e gli uomini che lo incarneranno nella dialettica politica quotidiana. Gli improvvisatori e i cultori delle piroette sono ben accetti, come ovvio, ma è difficile che possono guidare questo progetto politico e di governo in vista delle ormai prossime elezioni politiche. Anche perché non apparteniamo alla corrente culturale e politica che coltiva la propria “superiorità morale” rispetto agli avversari politici.

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