POLITICA & GIUSTIZIA

Askatasuna: associazione per delinquere

È la tesi con cui il Tribunale del riesame ha parzialmente accolto il ricorso della Procura che aveva chiesto una serie di misure cautelari per associazione sovversiva. Le difese possono ancora ricorrere in Cassazione

Non sono terroristi e non sono rivoluzionari: sono dei criminali comuni. Una pronuncia del tribunale del riesame di Torino declassa il centro sociale Askatasuna da bandiera delle lotte antagoniste a banalissimo covo di una “associazione per delinquere”. I giudici, accogliendo in parte un ricorso della procura, hanno concesso undici misure cautelari e restrittive per alcuni esponenti dello storico centro dell’antagonismo subalpino. Per due dei leader più carismatici, Giorgio Rossetto e Mattia Marzuoli, 60 anni e 46 anni, è previsto il carcere; per gli altri si va dagli arresti domiciliari all’obbligo di presentazione alle forze dell’ordine. I provvedimenti non sono definitivi perché le difese ricorreranno in Cassazione.

Il procedimento è il prodotto di un’inchiesta avviata nel 2019 dalla Digos, che si avvalsa di numerose intercettazioni telefoniche e ambientali. Nel corso dell’udienza davanti al Tribunale del riesame i rappresentanti della procura avevano ribadito la tesi dell’associazione sovversiva sottolineando però che l’accusa non era rivolta a tutti i frequentatori e tutti gli attivisti del centro sociale, ma solo a un gruppo di indagati.

Askatasuna, centro sociale che gli attivisti tennero a battesimo nel 1996 occupando un edificio di fine Ottocento in disuso, fa parte della vasta galassia dei movimenti della sinistra radicale e, in particolare, è legato alla corrente dell’autonomia. Come spiega uno dei suoi ideologi, si tratta di “costruire comportamenti diffusi e socialmente di massa che rompono con la logica capitalista e istituzionale”. Nella pratica, oltre ai concerti e ai momenti conviviali, culturali e sportivi, si traduce in campagne contro la Tav in Valle di Susa, contro gli sfratti e altre tematiche. Sempre in un clima di alta tensione con le forze dell’ordine: innumerevoli, negli anni, sono state le dimostrazioni sfociate in scontri di piazza. La procura chiedeva di procedere per associazione sovversiva. Il tribunale, secondo quanto si apprende, è stato di avviso diverso: non tanto perché gli attivisti non siano colorati politicamente, quanto perché - secondo quanto è trapelato - non hanno la forza necessaria (in particolare sulla questione Tav) per “mettere in pericolo” l’ordinamento dello Stato. Resta però in funzione, tra i vertici di Askatasuna, quello che è stato definito un “sodalizio criminoso” in piena regola, che si è servito del centro sociale come “mezzo” per i propri obiettivi.

La Procura di Torino aveva chiuso l’indagine contestando il reato di associazione sovversiva a 16 persone su 28 indagati. I pubblici ministeri avevano chiesto sette arresti, che però non erano stati concessi dal Gip secondo cui un’accusa così grave non reggeva. Di qui il ricorso al Tribunale del riesame, parzialmente accolto. Nel dossier preparato dalla procura compaiono i tentativi di egemonizzare il movimento No Tav della Valle di Susa, di infiltrarsi tra gli ambientalisti di Fridays for Future, di aiutare i migranti affinchè aderiscano alle iniziative del gruppo. Nata a inizio anni ’90 come casa dell’autonomia, Askatasuna rivendicava l’indipendenza e la «militanza», le lotte per i temi sociali, gli sfratti, l’immigrazione. Ora alcuni attivisti finiscono per dare la caccia agli spacciatori del quartiere.

Tra gli episodi contestati dalla procura di Torino ad alcuni esponenti di Askatasuna c’è anche l’aggressione a un migrante nigeriano. L’episodio sarebbe avvenuto nel maggio 2020 nello Spazio Popolare Neruda, circolo gestito da Askatasuna che si occupa dell’ospitalità di famiglie straniere senza una casa. Il nigeriano, che si trovava nella struttura con la moglie, sarebbe stato violentemente percosso da un gruppo di attivisti che lo accusavano di spacciare droga ma, secondo gli inquirenti, pretendevano che riprendesse a pagare l’affitto della stanza nonostante avesse chiesto un rinvio per difficoltà economiche. La procura, alla luce delle modalità di svolgimento dell’azione, aveva deciso di procedere per lesioni, rapina, estorsione e sequestro di persona (per avere bloccato le uscite del Neruda).

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