Una sinistra in bolletta

Un Paese in bolletta che, pur spendendo molto in armamenti, nulla può fare per abbattere l’alto costo delle bollette che affligge i suoi abitanti. Una nazione perfettamente allineata alle scelte della Nato e dell’Unione Europea, ma abbandonata a se stessa nel momento del bisogno.

Il sistema industriale italiano quest’anno spenderà oltre 100 miliardi di euro per pagare il conto del consumo energetico, contro gli 8 miliardi fatturati nelle bollette dell’anno scorso. Migliaia di aziende sono in difficoltà e sembrano avviate velocemente verso la chiusura dei battenti, condannando di conseguenza i propri lavoratori al licenziamento.

Gli aumenti dei costi inerenti i servizi generano effetti a cascata, colpendo soprattutto il potere di acquisto dei consumatori. Il quadro finale si riassume in più disoccupati e meno denaro a disposizione delle famiglie a fronte di spese triplicate. Le grandi compagnie che distribuiscono energia sono vicine a raggiungere lo scopo ambito da tanti gruppi antisistema: distruggere lo Stato.

Molti economisti, in passato, hanno indicato i pericoli insiti nel cosiddetto capitalismo “mordi e fuggi”, riferendosi principalmente al fenomeno delle delocalizzazioni produttive verso Paesi caratterizzati da un basso costo del lavoro. In una pellicola uscita negli anni ’80, Il gruppo teatrale/cinematografico dei Monty Python ha immaginato il consiglio di amministrazione di una grande multinazionale abbordato all’improvviso, mentre discuteva del trapianto di organi e del suo mercato, da un palazzo pirata, il Crimson Permanent Assicurance.

La scena portava all’attenzione del pubblico, seppur sotto forma paradossale, il crescente cinismo dei mercati e del mondo di Wall Street: una corporazione senza confini nazionali e pronta a perseguire il maggior profitto ovunque e a qualsiasi costo; capitani della finanza disponibili a mollare la presa solamente dopo aver spazzato via intere comunità, dopo aver fatto deserto dei modelli statali incentrati sul welfare e sul sano equilibrio tra Pubblico e privato.

Il 10% degli italiani non è stato in grado di pagare le bollette di ottobre, quindi non le ha saldate, altri hanno chiesto la rateizzazione di quanto a debito (rimandando il problema alla prossima fattura) e, di fronte al disastro sociale in corso, la Sinistra parlamentare non riesce ad esprimere concetti che vadano oltre alla proposta di una class action, oppure al saldo delle bollette da parte di uno Stato inspiegabilmente sempre al verde.  

L’estrema Destra, invece, si porta in piazza, o per lo meno chiama a sé, seppur in maniere autoreferenziale, il ruolo da protagonista all’interno della protesta, rivolgendosi pure al filosofo Diego Fusaro, un noto intellettuale cresciuto negli ambienti della Sinistra anticapitalista. La matrice politica della contestazione italiana si distanzia molto da quella che ha chiamato a manifestare sulle strade di Parigi decine di migliaia di persone, e si differenzia pure dalle piazze della Germania (o meglio da una parte di esse, come evidenziano le adunate pubbliche dei neo-nazionalsocialisti).

Lo stato di salute della “gauche” nostrana è grave. I suoi militanti, infatti, sono in gran parte silenziosi anche in un momento di grave crisi sociale come quello che l’Italia sta attraversando. I leader sindacali della Cgil, dopo l’assalto alla sede romana e l’abbraccio inquietante di Draghi, si stanno lentamente (forse tardivamente) riprendendo da un lungo momento di crisi catatonica. In sintesi, per l’opinione pubblica (grazie pure ai media) la protesta è nelle sole mani del cosiddetto fascismo sociale. 

Del resto, è noto il principio per cui in politica il vuoto lasciato da alcune forze, in questo caso dai social-comunisti, è prontamente riempito da altre, a prescindere dal tipo di soluzioni che esse offrono. Il Pd sembra da tempo accecato dai temi bellici, e non riesce ad andare oltre al mantra “Armare Kiev”, mentre i suoi amministratori locali propongono la nuova versione dell’austerity anni ’70, ma con soluzioni variabili.

A Torino, per esempio, si abbassano l’illuminazione pubblica e i termostati, ma si ignorano sprechi e regalie varie. La Città, infatti, si accolla le utenze di impianti sportivi e bocciofile, prestando scarsa attenzione nel distinguere le realtà che aggregano davvero, percorrendo la pratica dello sport per tutti, e chi invece ha in mente solo business e profitto a spese della collettività: i concessionari che sfruttano i beni comunali per farsi gli affari propri e a cui la comunità paga pure luce e gas. In compenso, la giunta comunale non si pone il problema della morosità incolpevole dei suoi amministrati, e tantomeno cerca una soluzione per gli oltre 180 condomini staccati dal teleriscaldamento.

Interi grandi palazzi ai cui residenti venne fatto credere a una forma di approvvigionamento di calore a buon mercato ed ecologico, nonché sotto il controllo comunale, sono stati separati da quegli stessi enormi tubi la cui posa richiede scassi e voragini gigantesche sul pubblico suolo. Le opere di installazione condizionano, per lunghi periodi, l’esistenza di cittadini ed attività commerciali e i frutti di tanto disagio ricadono nella sola sfera della speculazione privata.

Nazionalismi vecchi e nuovi, manager affamati di facili profitti, guerra e rincari immotivati: un cocktail tossico, velenoso, capace di accecare le persone e al contempo di azzerare la coscienza di chiunque ne faccia consumo, anche involontariamente.

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