Con Meloni torna finalmente la politica

Il doppio intervento di Giorgia Meloni alla Camera dei deputati ha segnato il ritorno della politica nel nostro paese. Era ormai da molti anni che aspettavamo questa notizia e doveva essere proprio un governo di centro destra ad inaugurare questa nuova stagione. E questo non solo perché coincide con una donna che sale a Palazzo Chigi per la prima volta nella storia repubblicana con le sue forze e, soprattutto, con la sua personalità, ma anche per il profilo che ha immediatamente conferito alla sua leadership. Una leadership, cioè, radicalmente politica.

È del tutto evidente che, d’ora in poi, l’alternativa al governo di Giorgia Meloni non potrà che caratterizzarsi, anch’essa, sotto un profilo squisitamente politico, culturale e programmatico. E quindi ben vengano le altre categorie politiche, purché siano segnate da una cultura politica e da un approccio rigorosamente politico. Dalla sinistra massimalista e nostalgicamente antifascista del Pd a quella populista e demagogica dei 5 stelle al Centro riformista e liberale. Insomma, le storiche categorie politiche del passato, seppur aggiornate e riviste per affrontare i problemi della stagione contemporanea. E, al contempo, il governo Meloni, frutto della vittoria della coalizione di centro destra, può finalmente contribuire a rilanciare e a consolidare la democrazia dell’alternanza.

Una alternanza che non è ancora decollata negli anni per una motivazione politica precisa e ben definita. E cioè, il comportamento politico della sinistra, nelle sue multiformi espressioni, ha di fatto bloccato nel tempo la possibilità di far scattare il meccanismo dell’alternanza perché sono prevalse, come da copione, la delegittimazione morale dell’avversario/nemico prima e la volontà di distruggere e annientare politicamente l’avversario/nemico dopo. Un vizio che, purtroppo, è antico e ben radicato nel dna della sinistra italiana che campeggia dai tempi della prima repubblica dove l’obiettivo politico di fondo è sempre stato quello di liquidare politicamente, culturalmente e moralmente la presenza politica della Democrazia Cristiana. Dopodiché è sopraggiunta la stagione di Berlusconi, poi di Salvini, poi addirittura di Renzi e, infine e a maggior ragione, del centrodestra a guida Giorgia Meloni.

Ma, come a volte capita, anche nella politica la categoria dell’imprevedibilità può avere il sopravvento. E così è stato, almeno stando alle battute iniziali, con il Governo di Giorgia Meloni. O meglio, per essere più precisi, con il modo di porsi e di qualificare la sua politica. E il ritorno a pieno titolo di una coalizione politica al Governo può segnare non la sconfitta della tecnocrazia, che non è un problema, ma il ritorno di una situazione fisiologica dove si confrontano due coalizioni formalmente contrapposte con ricette programmatiche diverse se non addirittura alternative. Certo, deve cambiare radicalmente la modalità di comportamento delle singole forze politiche. Detto in altre parole, si tratta di abbandonare un armamentario politico e culturale persin troppo noto che storicamente ha coltivato l’obiettivo di distruggere l’avversario/nemico, come dicevo poc’anzi. E, soprattutto e di conseguenza, devono tornare in campo i partiti politici – intendo i partiti popolari e democratici e non i cartelli elettorali vuoti ed insignificanti e i collaudatissimi “partiti personali” –, le culture politiche tradizionali, le classi dirigenti politiche e, in ultimo ma non per ordine di importanza, l’autonomia della politica. Sotto questo versante, un governo di centrodestra, cioè con un profilo politico fortemente caratterizzato, non può che giovare alla causa. Certo, molto dipende dal comportamento della maggioranza di governo ma, ancor di più, da cosa intende fare l’opposizione. Solo così sarà possibile dar vita ad una vera e credibile democrazia dell’alternanza e, soprattutto, rialzare il prestigio e l’autorevolezza della politica e delle stesse istituzioni democratiche. Nonché avviare una profonda discontinuità della politica italiana. Saranno, al riguardo, solo i comportamenti concreti e non le vacue ed astratte dichiarazioni a dirci se si vuole realmente invertire la rotta o se, al contrario, si proseguirà con il vecchio andazzo.

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