Dov'è la sinistra sociale?

Alcuni organi di informazione sostengono, curiosamente, che c’è di nuova la “sinistra sociale” nella politica italiana. Si tratterebbe del partito populista per eccellenza, cioè il nuovo – ovvero l’ennesimo – profilo politico dei 5 stelle a guida Giuseppe Conte. E questo perché l’approccio assistenzialista e pauperista inaugurato con le recenti elezioni politiche ha sostanzialmente cancellato tutto ciò che caratterizzava sino a quel momento l’identità di quel partito. Certo, si tratta sempre di un partito populista, demagogico e antipolitico ma, con l’impronta assistenzialista legato alla difesa del reddito di cittadinanza, ha portato molti commentatori ed opinionisti a definire i 5 stelle come la “nuova sinistra sociale” della politica italiana.

Ora, che viviamo in una fase politica dove accade di tutto e il contrario di tutto è una cosa talmente nota che è persino inutile approfondire. Ma è indubbio che paragonare la storica “sinistra sociale di ispirazione cristiana” di Carlo Donat-Cattin e di Franco Marini con il pauperismo e l’assistenzialismo a costo zero dai 5 stelle ci vuole un coraggio, come si suol dire, da leoni. E questo almeno per tre motivi di fondo. Innanzitutto, perché confondere leader e statisti storici come Donat-Cattin, Marini, Gorrieri, Tina Anselmi – solo per citare quelli più rappresentativi – con gli esponenti dei 5 stelle rischia non solo di essere offensivo ma addirittura grottesco.

In secondo luogo, ed è l’aspetto più rilevante, la “sinistra sociale di ispirazione cristiana” non era un semplice e banale esercizio di assistenzialismo e di pauperismo ma, al contrario, era portatrice di un progetto politico complessivo che faceva, sì, dell’istanza sociale la leva decisiva del suo progetto politico ma ne era, comunque sia, solo una parte. Perché in quei tempi la politica era anche, e soprattutto, progetto e visione e non solo convenienza elettorale e trasformismo momentaneo ed episodico. E, oltretutto, la corrente che interpretava il patrimonio politico e culturale della sinistra sociale – penso, negli anni, a Rinnovamento, poi a Forze Sociali e infine a Forze Nuove – storicamente si è caratterizzata per quel progetto e per quegli obbiettivi di difesa, promozione e salvaguardia degli interessi dei ceti popolari ed operai del nostro Paese. Era, cioè, una vocazione storica e strutturale di una componente che interpretava laicamente la tradizione del cattolicesimo sociale e cercava di tradurla nella dialettica politica e parlamentare di quella fase storica. Non era, cioè, una “sinistra per caso” che difendeva, casualmente e momentaneamente, i ceti popolari.

In ultimo, ma non per ordine di importanza, non facciamo confronti che contribuiscono solo a confondere le cose e a dare un’immagine distorta e deviata della politica. La “sinistra sociale di ispirazione cristiana” era un progetto politico incardinato saldamente in un partito; era interpretata da leader e statisti che erano espressione diretta del patrimonio culturale, politico ed etico del cattolicesimo sociale e, infine, difendevano e promuovevano in sede politica e parlamentare, concretamente, le istanze e i bisogni dei ceti popolari ed operai dell’epoca. Cosa c’entra tutto ciò con il populismo demagogico e antipolitico contemporanei resta sostanzialmente un mistero.

Ecco perché quando si citano delle categorie politiche è sempre consigliabile leggere la storia. Anche solo quella recente per evitare di cadere in abbagli ridicoli se non addirittura grotteschi.

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