Enti locali, serve una riforma

Ebbene sì, ci voleva il governo di centrodestra e soprattutto la determinazione del premier Giorgia Meloni e del ministro della Giustizia Carlo Nordio per iniziare il percorso della riforma degli enti locali nel nostro Paese. Dopo un mare di chiacchiere della sinistra – è inutile parlare dei 5 stelle perché un partito populista e giustizialista non potrà mai mettere mano ad una vera riforma degli enti locali, a partire dal ruolo e dalle innumerevoli responsabilità dei sindaci – finalmente si comincia a fare sul serio. E si parte, giustamente, dalla promessa di riforma del contestatissimo reato dell’abuso d’ufficio dei sindaci. Un reato che in questi ultimi tempi ha letteralmente bloccato l’iniziativa e l’attività dei primi cittadini – in particolare dei sindaci dei piccoli e medi comuni – per la paura di compiere reati. A prescindere, come ovvio, dalle proprie responsabilità.

Sia chiaro, nessuno pensa, come ovvio e scontato, ad una sorta di impunità dei sindaci italiani, ma è di tutta evidenza che gli stessi sindaci non possono essere responsabili di tutto ciò che capita all’interno di un Comune. Ed è positivo che il ministro della Giustizia, durante un recente incontro con i vertici nazionali dell’Anci, si sia reso disponibile anche per la revisione del Tuel, per ridefinire le responsabilità precise in capo ai sindaci. Perché forse è bene dire con franchezza che non si può essere ritenuti responsabili perché si ha un ruolo. Ovvero, detto con altre parole, non può esistere una specie di “reato di ruolo”. E quindi, e di conseguenza, la revisione dei temi dell’abuso d’ufficio, della cosiddetta responsabilità oggettiva di posizione, della responsabilità erariale e della sospensione dalla carica in caso di procedimento penale rivestono un carattere di urgenza per tutti gli amministratori locali italiani.

Ma accanto alla necessità della riforma dell’abuso d’ufficio dei sindaci, è altresì importante rivedere lo stesso assetto delle autonomie locali. E proprio con questo governo marcatamente politico e forse più sensibile alle domande e alle istanze che provengono dal mondo delle autonomie locali, è indispensabile allargare lo sguardo e iniziare una riflessione, riformista e di cambiamento, sul capitolo dell’autonomia finanziaria dei comuni, sul tema della “fusione” dei piccoli comuni – in particolare quelli montani –, sulla necessità di come garantire i servizi essenziali ai cittadini nelle realtà periferiche del paese e pensare ad una reintroduzione delle Province dopo la pessima e squallida legge Delrio che le ha sostituite con le Città Metropolitane.

Insomma, una gamma di interventi che richiedono una riforma complessiva del comparto delle autonomie locali. Adesso la palla passa al parlamento. Certo, il tema della riforma degli enti locali investe quasi tutte le forze politiche ma, come ben sappiamo, è difficile procedere con la dovuta convergenza politica ed istituzionale quando prevale il criterio della radicalizzazione della lotta politica e la pervicace volontà di delegittimare chi ha vinto le recenti elezioni. Ma, al di là della propaganda, delle strumentalizzazioni e delle parole d’ordine dei vari capi partito, la riforma degli enti locali non può essere sacrificata sull’altare delle rendite di posizione e del tatticismo di chi ha perso le elezioni. Ogni partito deve assumersi adesso le proprie responsabilità. Nel parlamento, di fronte al Paese e, soprattutto, nei confronti degli amministratori locali del nostro Paese.

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