Con il cappio al collo

Vista la crisi energetica in corso, la popolazione quest’anno sperava nel carbone portato dalla Befana, ma purtroppo sono arrivati solo dolci.

Gli annunci televisivi che hanno accompagnato l’arrivo del 2023 non sono stati rassicuranti per chi a fatica cerca di far quadrare i conti del bilancio familiare. Il costo del gas è salito di un ulteriore 65%, che si somma ai numerosi aumenti dei mesi scorsi, e a inizio settimana il Governo ha comunicato che non intende favorire la riduzione del prezzo del carburante rinunciando alla riscossione delle accise che gravano sul prezioso combustibile. Immediatamente i distributori si sono adattati alle nuove disposizioni di Palazzo Chigi e la benzina è tornata a sfiorare 1,85 euro al litro, destando questa volta l’attenzione della Guardia di Finanza che ha aperto un’inchiesta per speculazione (indirizzata contro i gestori delle stazioni di rifornimento).

Di tanto in tanto lo Stato sembra voler reagire al saccheggio a cui vengono sottoposti i miseri redditi dei consumatori, ma le misure che vara sono poco più che palliativi e generano nella collettività la sensazione che nulla cambierà davvero, che la depredazione di salari e stipendi possa solo aumentare nel tempo.

In effetti, i grandi poteri economico-finanziari sfuggono a ogni controllo, sono intoccabili, e sempre pronti a elaborare nuovi modi per scaricare i costi sulla massa dei loro clienti e incrementare in tal modo i già ghiotti profitti societari.

I responsabili dei distributori di carburante hanno reagito all’indagine affermando che non dovrebbero essere loro gli indagati, ma altri. Probabilmente hanno ragione poiché i prezzi li determina il mercato, o meglio i grandi speculatori che operano nelle borse europee e a Wall Street. Del resto, come scordare l’ignoto investitore che alcuni mesi fa ha acquistato gran parte del gas disponibile, così da poter giocare in seguito sull’offerta stessa. Mentre qualcuno “gioca”, altri si trovano al freddo oppure a dover scegliere se pagare il mutuo o andare in mora per le bollette insolute.

Si direbbe che davvero piove sempre sul bagnato, e indebitare i cittadini per incamerare maggiori guadagni sia diventata la missione prioritaria su cui si concentrano le aziende (per fortuna non ancora tutte). Ad esempio, i grandi nomi nazionali dell’editoria hanno trovato la strategia ideale per far pagare agli autori esordienti quelle voci di spesa che un tempo gravavano sul proprio conto aziendale. Chi propone il suo lavoro letterario a un big del settore ha qualche speranza di pubblicazione solo nel caso si affidi ad un’agenzia. L’attività che questa compie, sostituendosi ai professionisti stipendiati dalle case editrici più importanti, grava esclusivamente sul portafogli dello scrittore.

Discorso identico riguarda gli edicolanti, a cui i distributori non consegnano più i giornali, le riviste, le figurine in conto vendita (con resa del non venduto e pagamenti in tempi ragionevoli). I magazzini hanno scelto infatti di riscuotere immediatamente il prezzo della merce al momento della consegna, facendo gravare così tutto il rischio di impresa sulle spalle dei giornalai di Torino: una procedura assurda da cui sta derivando la fine e la chiusura di molte edicole.

I veri speculatori sono riconoscibili, hanno ruoli di responsabilità e contatti continui con la politica. Non subiscono pressioni dallo Stato, sono venerati, osannati e sovente candidati alle elezioni, nominati ministri, o sottosegretari. Non solo il potere esecutivo ha rinunciato, nel nome del neoliberismo spinto, a qualsiasi tipo di regia nei confronti dell’economia, limitandosi a elargire contributi come di prassi nelle Circoscrizioni, ma è addirittura soggetto (con fare accondiscendente) alle forti pressioni da parte delle lobbies industriali e finanziarie.

Questa è decisamente l’epoca in cui l’egemonia culturale è in mano ai liberisti e non certo ai libertari, eppure rimane sempre l’amaro in bocca osservando il popolo consegnare il collo, con il voto, al carnefice di turno: una sorta di autolesionismo che solamente un’informazione di parte, schierata, può alimentare e far diventare “moda”.

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