La buona volontà
Juri Bossuto 07:00 Giovedì 29 Giugno 2023
Nelle scorse settimane i media hanno riportato la notizia del fallimento della società romana Munus Arts, a cui (in seguito bando pubblico) nel gennaio 2021 venne assegnata la gestione dei Musei Civici di Pinerolo. La parziale privatizzazione delle sedi museali pinerolesi fu decisa dalla Giunta comunale con lo scopo di cambiare radicalmente la gestione in atto sino a quell’anno, poiché (come riporta un periodico locale) in mano a “persone piene di buona volontà e di conoscenza, ma ormai consumate nelle idee e nell’entusiasmo di troppi anni passati in prima linea”.
Le stesse negative considerazioni sulle “persone di buona volontà” furono probabilmente espresse in merito alla gestione della fortezza di Fenestrelle, quando due anni fa venne a scadere l’atto concessorio demaniale a favore dell’Associazione Progetto San Carlo Onlus. All’epoca, alcuni amministratori pubblici affermarono che era passato il tempo a disposizione dei volontari, e che doveva quindi toccare a forze fresche (e quel punto pagate per i servizi resi) portare avanti l’apertura della più grande fortezza d’Europa.
Il dirottamento altrove dei fondi del Pnrr inizialmente indirizzati alla fortezza (evento che comportò una caduta di interesse da parte di molti candidati alla sua gestione) favorì l’Associazione che vinse il bando di concessione. Oggi il sito è aperto alle visite tutto l’anno, mentre il recupero strutturale degli edifici conoscerà presto una nuova stagione.
Malgrado però la recente assegnazione di fondi da parte della Regione Piemonte, che consentirà presto di affidare i lavori di salvaguardia della fortezza in quota (forte Valli), nell’animo dell’Associazione San Carlo rimane aperta una profonda ferita per l’immeritato trattamento subito in occasione del rinnovo dell’atto demaniale. Il dibattito sulle possibili gestioni dei beni culturali dovrebbe sempre tener conto delle concrete e oggettive difficoltà che sorgono nella cura di un monumento, nonché di quanto sia stato fatto per salvaguardarlo, come sia stato fatto e da chi: fare tabula rasa dell’esistente, senza prima effettuare una lucida valutazione sul tutto, si rivela un pericoloso gioco d’azzardo.
Le “persone piene di buona volontà e di conoscenza, ma ormai consumate nelle idee e nell’entusiasmo di troppi anni passati in prima linea” danno di norma l’anima per proteggere i beni comuni, strutture monumentali affidate in epoche in cui l’alternativa sarebbe stata quella di assistere alla loro lenta, e inesorabile, distruzione per opera del vandalismo (come a Fenestrelle). Lo fanno in cambio di niente, solitamente non ricevono neppure una pacca sulla spalla, sapendo altresì di poter cadere improvvisamente vittime di “congedi forzati”, anticipati da pesanti quanto ingiuste critiche (consegnando loro la sensazione di aver solo sprecato tempo). Un atteggiamento cieco, assurdo, che non prende minimamente in considerazione i reali costi derivanti dalla gestione dei grandi e piccoli complessi culturali. Se, ad esempio, non ci fossero i volontari che garantiscono l’apertura del Forte di Fenestrelle (senza alcun onere a carico delle istituzioni), l’imponente opera sarebbe condannata alla veloce trasformazione in un cumulo di ruderi.
L’alternativa al volontariato, per taluni, è quella di esternalizzare a fronte di cospicui contributi pubblici che permettano alle società assegnatarie, le quali lavorano (giustamente) per realizzare un profitto, di poter pagare gli stipendi ai dipendenti e i dividendi agli investitori. Ma il dissesto finanziario, con la successiva cessazione dell’attività di gestione, è sempre dietro l’angolo: basta una scelta errata da parte degli organi societari per far precipitare nell’oscurità il bene culturale a loro affidato.
Il privato, per definizione, porta avanti il suo lavoro garantendosi necessariamente un margine di profitto. Il Pubblico, soprattutto laddove i costi d’apertura e di conservazione dei siti storici sono alti, dovrebbe invece intervenire per la tutela del patrimonio culturale nazionale, nel pieno rispetto del dettato costituzionale. Ma in realtà tocca ai cittadini mettere il proprio tempo a disposizione dei beni culturali quando ministeri e assessorati si defilano: un grande atto di generosità che non pretende neppure un “grazie”.
Situazione paradossale di cui la politica dovrebbe finalmente prendere atto, magari con un briciolo di consapevole riconoscenza verso tutti coloro che si attivano per impedire che vengano cancellate importanti, spesso uniche, testimonianze storiche. Donne e uomini che lavorano indefessamente seppur consci che dallo Stato potranno solo aspettarsi, così come da altri enti territoriali, uno sgarbato invito ad andarsene quando una società commerciale fiuterà l’arrivo imminente di un’occasione per fare business, grazie comunque al lavoro gratuito dei volontari stessi.