Una sinistra allo spritz

Il fenomeno della frantumazione della sinistra in una miriade di gruppi, più o meno autorevoli, è tipicamente Occidentale, e in Italia ha battuto ogni record immaginabile. A questo fenomeno purtroppo se ne aggiunge un altro, ossia quello di denominare un partito con il sostantivo “sinistra”, o di autoproclamarsi tale, anche quando gli atteggiamenti e le proposte programmatiche sono decisamente ispirate da una visione iperliberista della società.

Chi scrive non ha la pretesa di voler attribuire patenti di coerenza a chicchessia, ma alcuni atteggiamenti, resi concreti da determinate azioni di governo, pongono seri dubbi oggettivi sulla matrice ideologica, e ideale, dei proponenti; perplessità che emergono soprattutto quando i medesimi amano difendere (a prescindere) la propria identità progressista (o post social-comunista). Torino è forse la città che, insieme a Bologna, vive con maggior sofferenza tale contraddizione: un profondo malessere che non si è tradotto nella scomparsa del Pd soltanto grazie a quelle generazioni che ancora lo votano poiché convinte di mettere sempre la croce sul Pci (una pia illusione per costoro).

Il capoluogo piemontese può fornire dati utili a chiunque decida di intraprendere studi di sociologia politica, e anche esempi scolastici, seppur simili a una involontaria parodia della sinistra realizzata dai Monty Python.  La ricerca permetterebbe, infatti, di rilevare le tante realtà generate dalla morte del Pci, irriducibili rivali tra loro, e soprattutto di analizzare un Partito democratico curiosamente allineato alla perfezione con il centrodestra liberale (in Comune come nelle Circoscrizioni dove è maggioranza).

L’arrivo della Fondazione Bloomberg in città (ne abbiamo trattato alcuni aspetti la settimana scorsa) sarà determinante per la redazione del nuovo piano regolatore e di conseguenza (secondo alcuni articoli che lo annunciano con enfasi) per risolvere un grande problema che da tempo angoscia la città: poter finalmente gustare un aperitivo sulle terrazze degli alberghi, sana abitudine ad oggi vietata dalle norme urbanistiche vigenti. A Torino scopriamo quindi una gauche, o pseudo tale, di governo che pone gli spritz in cima alle proprie priorità, e una ambientalista che si dichiara molto preoccupata per il mutamento climatico in atto, ma è al contempo determinata nel volere costruire un ospedale in un parco pubblico.

Il Pd torinese, che presto si riunirà nel parco di piazza d’Armi (attualmente Punto verde e poi Festa dell’Unità), dimostra di avere le idee chiare sul futuro della metropoli, e in piena sintonia con la giunta regionale: una Torino “da bere” che, secondo quanto sbandierano ai quattro venti alcuni quotidiani, sarà candidata ad ospitare grandi eventi musicali, e in primis il “Primavera Sound 2024”.

La trattativa con gli organizzatori del mega appuntamento pop-rock è già in corso, tra le lodi dei manager dello spettacolo che hanno ripreso a lavorare, a pieno regime, con la nuova maggioranza eletta in Sala Rossa. Un dialogo con gli ideatori catalani che mette sul piatto il luogo in cui realizzare il Festival (individuato nella Spina di Parco Dora), e che probabilmente obbligherà l’amministrazione a porre mano alle casse pubbliche per spingere la causa torinese stessa (questa iniziativa accoglie volentieri contributi pubblici). La città, un tempo industriale, secondo la giunta comunale potrà ritrovare nuovo slancio con una rassegna di concerti dai biglietti inaccessibili per la maggior parte dei suoi giovani residenti, ma catalizzatrice di fans da tutta Europa, e di sponsor.

Le Apt sono un appuntamento di carattere internazionale che animano la città senza traumatizzarla, anche dal punto di vista economico; diverso impatto hanno invece i grandi concerti: causa di costi pubblici e disagi, specialmente quando vengono organizzati senza prevedere una sede idonea per viverli in un clima di serenità generale. La sinistra dei grandi eventi, tornata improvvisamente in auge, sembra non voler mai fare i conti con quella cultura diffusa resa tale da una miriade di gruppi artistici abbandonati a sé stessi dalle istituzioni: realtà alla canna del gas a causa di ingaggi difficili, per il basso numero di serate a cachet, e pagate poco (i rari luoghi in cui, nell’epoca post-Covid, è possibile assistere a concerti live sono alle corde come gli artisti).

La fine del reddito di cittadinanza sta gettando migliaia di famiglie sotto il livello di sopravvivenza, mentre il disagio non ha abbandonato quelle (tante) che non chiedono alcun aiuto per orgoglio. Le forze della Sinistra dovrebbero occuparsi in primis dell’ingiustizia sociale, e non di terrazze su cui sorseggiare un aperitivo super chic. Per gli strati più deboli della popolazione la sinistra è quella dei vernissage e dei grandi eventi esclusivi (finanziati però con ricchi contributi pubblici) e osservando questa anomalia italica, di cui Torino è fulgido esempio, è possibile rispondere finalmente al decennale quesito: “come mai in periferia vince la destra?”.

Ai sociologi le ricerche in merito. Agli altri, che ancora ci credono, la speranza in un ritorno di una sinistra di governo degna di questo nome: quella che promuove, vara e difende le misure sociali, preoccupandosi poco o nulla se sul terrazzo dell’albergo a cinque stelle non è possibile sorseggiare un aperitivo guardando la città dall’alto al basso.

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