SANITÀ

Mancano migliaia di infermieri, ma calano le iscrizioni ai corsi

Quasi 3mila domande in meno rispetto allo scorso anno. In Piemonte le richieste di accesso scendono del 7%. Va ancora peggio nelle altre regioni del Nord. Record positivo in Calabria. I sindacati: "Professione sempre più gravosa e meno attrattiva per i giovani".

La fame di infermieri, negli ospedali così come nella medicina territoriale, non si placa. Eppure, nonostante la richiesta di questa figura professionale e l’aumento dei posti nei corsi universitari, calano vistosamente le iscrizioni. Un paradosso dalla difficile spiegazione, quello che emerge dai dati più recenti che arrivano dagli atenei per quanto riguarda le professioni sanitarie, di cui quella infermieristica è da sempre numericamente la più rilevante.

A fronte delle 25.539 domande raccolte nel 2022 dalle 47 Università in tutto il Paese, quest’anno gli aspiranti infermieri si fermano a 22.870, mentre i posti disponibili sono saliti proprio per la forte necessità di avere più professionisti nei prossimi anni da 19.375 a 19.860 con un incremento tutto sommato modesto e che, sempre a livello nazionale, non copre il numero complessivo delle domande, anche se in netto calo. 

C’è, naturalmente, da tenere conto della scrematura affidata agli esami di ammissione che iniziano domani, ma lo scenario che si delinea è preoccupante. “Purtroppo le scarse reali opportunità di carriera, nonostante i contratti di lavoro ne consentano l’attuazione, gli stipendi tra i più bassi in Europa e uno scarso riconoscimento sociale stanno rendendo la professione infermieristica sempre meno attrattiva tra le giovani generazioni”, spiega Ivan Bufalo, presidente dell’Ordine degli infermieri del Piemonte, dove è notevole il calo delle iscrizioni per tutte le professioni sanitarie. 

Nella regione scendono da 4.051 dello scorso anno alle attuali 3.768 con una perdita del 7% a fronte di una modesta riduzione di 24 posti negli atenei che pone comunque il Piemonte in una posizione anomala, condivisa solo con le Marche, rispetto agli incrementi nel resto dell’Italia.

“Il calo delle iscrizioni è un segnale di pericolo che va colto”, osserva Francesco Coppolella, segretario regionale di Nursind, uno dei sindacati di categoria. “Vediamo un numero crescente di infermieri che vanno a lavorare all’estero, un aumento delle dimissioni volontarie senza precedenti e se a questo si aggiunge che l’età media degli infermieri è piuttosto alta, si comprende come la diminuzione degli infermieri nei prossimi anni confermi che siamo di fronte a una crisi annunciata e sottovalutata da una politica irresponsabile che metterà seriamente in crisi il nostro sistema sanitario”.

Un sistema, ancora una volta, con profonde differenze nel Paese. Indicativo il fatto che sia il Nord a segnare un tasso più negativo sulle domande per accedere ai corsi (-8.9%) rispetto al Sud dove ci si ferma al 6,1%. Ed è la Calabria con ben il 29,6% insieme solo al Molise e all’Umbria a vedere crescere gli aspiranti infermieri rispetto all’anno passato. A parte la piccola realtà del Trentino che accusa una riduzione del 41,9%, tra le regioni che devono fare i conti con una scarsa propensione a intraprendere gli studi infermieristici ci sono quelle più virtuose sul fronte sanitario, come il Veneto (-11,8%), la Toscana (-11,2%), l’Emilia-Romagna (-8,8%) e la Lombardia (8,5%). “Senza infermieri l’Italia non avrà più un servizio sanitario degno di questo nome – avverte Barbara Mangiacavalli, presidente della federazione degli Ordini degli infermieri –. Ci aspetta una lunga stagione assistenziale e non saremo più in grado di garantire salute a tutti”.

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