PALAZZO LASCARIS

Elezioni anticipate in Piemonte, centrodestra: "Non se ne parla"

Il Pd presenta un ordine del giorno contro l'anticipo delle urne, la maggioranza non consente che venga messo al voto: "Tanto la scelta spetta al Governo". Ma nella Lega serpeggia il malumore e la legge elettorale appena votata parla di election day

La possibilità di un voto anticipato a marzo per le regionali del Piemonte è tutt’altro che tramontata. A confermarlo non sono solo le abbondanti voci di corridoio, ma anche l’atteggiamento reticente con cui la maggioranza, in Consiglio regionale, ha trattato l’ordine del giorno del capogruppo Pd Raffaele Gallo che impegnava la giunta Cirio ad attivarsi col Governo “affinché le elezioni regionali (...) non vengano anticipate a marzo”. C’è stata una votazione per evitarne un’altra, cioè il centrodestra si è espresso contro la richiesta di consentire all’aula di esprimersi sul testo di Gallo. Il timore, forse, che più di un esponente, soprattutto della Lega, potesse votare con le minoranze? Probabile, d’altronde il malumore serpeggia da giorni tra le fila del Carroccio, dove l’eventuale chiusura anticipata della legislatura costringerebbe gli eletti a rinunciare almeno a tre mensilità. Malcontanti sono 20mila euro per ogni consigliere.

“Di atti che parlano di elezioni anticipate a marzo non ne esistono. È un ordine del giorno sul chiacchiericcio”, gli risponde il capo della pattuglia leghista Alberto Preioni, prima di raggiungere il suo omologo di Fratelli d’Italia Paolo Bongioanni fuori dall’aula per decidere il da farsi. “L’imbarazzo dei capigruppo di Lega e FdI è già una risposta”, li ha attaccati Gallo mentre erano fuori a parlottare. La maggioranza “non si vuole esprimere su un tema scomodo come le elezioni regionali, che tra l’altro costerebbero circa 16 milioni ai contribuenti” ha affondato la coordinatrice regionale dei 5 Stelle Sarah Disabato. I conti sui costi extra del voto anticipato, che slegherebbe le regionali dalle Europee, li ha fatti la stessa giunta Cirio giusto un mese fa e poi c'è una norma nella legge elettorale regionale che prevede l'election day: può il governo, per decreto, annullare quel dispositivo? Un escamotage valido solo in linea teorica è quello delle dimissioni anticipate del governatore che porterebbero lo scioglimento dell'aula e le urne ma “Cirio non si dimetterà mai” taglia corto Preioni. “E se da Roma facessero un decreto per portarci al voto, potremmo votare anche 100 ordini del giorno, non servirebbe a niente”. Insomma, inutile che i consiglieri regionali esprimano la loro opinioni, altri decideranno per loro.

In quel caso sarebbe scelta d’imperio del Governo. Per Preioni è improbabile: “Non credo che il Governo possa mettere sotto così la Regione”, riflette. È innervosito e passa subito all’attacco: “Loro sono più preoccupati di noi non per le spese elettorali, ma per il risultato elettorale”. Eppure anche a destra, specie  nella truppa leghista che alla prossima tornata uscirà decimata, le urne a marzo sono uno spauracchio. Lo prova il fatto che alla fine i contrari sono 22, i favorevoli 15 (l’opposizione) e gli astenuti tre, tutti leghisti. Il presidente Stefano Allasia e i consiglieri Matteo Gagliasso e Gianluca Gavazza. Forse interpretano il sentiment di una truppa che non vuole rischiare di perdere tre delle ricche mensilità che Palazzo Lascaris garantisce agli eletti. Non Gavazza: “A me non cambia nulla, io sono sempre in campagna elettorale e il lavoro ce l’ho. Mi sono astenuto perché non ho voglia di perdere tempo in aula”. Gagliasso invece dice di essersi astenuto dopo aver visto il voto di Allasia. La scelta è ardua: quale di queste due scuse è meno credibile?

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