Epoca nuova

I grandi cambiamenti epocali in genere seguono a guerre o crisi economiche, e coincidono con un avvicendamento generazionale della classe padronale. L’anno 2020 sembra destinato a trovare un posto di riguardo nei sussidiari scolastici, poiché segna un confine netto tra quello che era ancora il periodo del dopoguerra, con il suo bagaglio di speranze in un mondo migliore, e l’epoca attuale: determinata a voltar pagina, cancellando soprattutto i buoni propositi sorti alla fine del regime mussoliniano.

L’epidemia virale ha infatti creato una rara occasione per tentare di rianimare l’economia globale (tradizionalmente retta dalle speculazioni e dalla contrapposizione verso lo Stato sociale) mettendo i diritti assoluti dei cittadini europei a disposizione del capitalismo finanziario.

Cinismo ed ipocrisia di potere sono quindi tornati prepotentemente alla ribalta, togliendosi da dosso i fastidiosi lembi residuali dei valori di un tempo. Principi inseriti nella Costituzione del 1948 e calpestati purtroppo sin dagli anni ’50 (seppur con un passo decisamente più felpato rispetto all’uso attuale degli scarponi chiodati), ma dai quali Parlamento e Governo non potevano smarcarsi mai del tutto. Fino a qualche anno fa, quindi, lo Stato partecipava ai bombardamenti americani in terra straniera nel nome della Democrazia, così come privatizzava i servizi e chiudeva spazi di confronto con i suoi cittadini prodigandosi nel trovare una legittimazione tra i dettati dell’Unione Europea: ricerca di piccoli appigli per poter dimostrare come l’istituzione statale si muovesse comunque nell’ambito della legalità voluta dall’Assemblea costituente.

Questa parvenza di rispetto verso la Costituzione è svanita del tutto negli anni del Covid. Ogni azione di politica estera ed interna viene oramai sostanzialmente definita da strutture sovranazionali non elette dai cittadini, le quali si ritengono inoltre svincolate dalle leggi fondamentali volute dal popolo italiano dopo il crollo del nazifascismo. I risultati di tali, sciagurati, atteggiamenti sono oggi visibili a chiunque.

Il nuovo corso politico miete vittime soprattutto tra i servizi alle persone. Il primo a farne le spese è quello che ha trascorso gli ultimi decenni a difendersi dai numerosi assalti pirateschi di imprenditori e politici: il Sistema Sanitari Nazionale, o meglio quel che rimane di esso. La Sanità pubblica offre infatti un piatto golosissimo per chiunque voglia arricchirsi a danno della collettività: una terra sconfinata in cui dar vita a ogni sorta di speculazione e di nepotismo (tutto naturalmente a carico del Pubblico e con buona pace degli imprenditori onesti). Il suo saccheggio, sino a ridurlo al pari della “non assistenza” statunitense, è senz’altro un’attività che richiede il silenzio di coloro che ne pagheranno il prezzo più alto: i cittadini dai bassi redditi.

La guerra è al primo posto dell’elenco delle prassi antitetiche alla Costituzione. L’alibi di esportare la Democrazia ha permesso in passato di sganciare bombe su Paesi con cui non eravamo ufficialmente neppure in stato di belligeranza: scelte attuate senza neppure dover rinnegare i valori dettati dai padri Costituenti (che, si ricorda, rinnegavano la guerra). Sino ad un decennio fa, un velo di imbarazzo copriva comunque la decisione di inviare truppe ed arei oltre i nostri confini, ma ora non è più così. In questo settore, più che altrove, l’ipocrisia domina a tal punto da stravolgere la stessa Carta fondamentale, permettendo all’Italia di partecipare a veri e propri conflitti armati dettati da voglie di espansione economica. Le scuse addotte per dare interi arsenali ad una parte, da sparare contro l’altra, sono gettate all’opinione pubblica senza neppure un minimo impegno nel farle sembrare credibili: motivazioni quasi infantili, la cui attendibilità crolla appena si pone attenzione a quanto accade in aree geografiche meno interessanti per i faccendieri filoatlantisti.

Occorre infatti sostenere con tutte le forze, anche a scapito di brutte ricadute economiche a danno dei propri cittadini, una nazione definita aggredita (ignorando le aggressioni perpetuate nel tempo dalla medesima), ma contemporaneamente si può ignorare il conflitto lampo combattuto nel Nagorno Karabakh tra armeni e azeri. Il mondo occidentale ha taciuto di fronte a un’ostilità terminata con un’epurazione etnica: la cacciata degli armeni dalla loro nazione. 

In Israele si consuma una guerra verso cui pochi leader hanno il coraggio di invocare la pace di fronte ad ogni atto di violenza, a prescindere di chi lo abbia compiuto. L’ipocrisia diventa, come bene dimostrano gli attuali scenari di guerra, sfacciata, incurante delle norme costituzionali, così come dei valori su cui è nata la nostra Repubblica. Una falsità priva di un qualsiasi limite etico, i cui effetti ricadono però sulle spalle dell’intera popolazione. 

Ovunque, il legislatore italiano rimarca i principi della trasparenza, della partecipazione e del decentramento quale occasione di efficienza amministrativa: enunciazioni trasformate da tempo nella parodia spietata del sistema istituzionale. Introducendo il sistema dei consigli e delle commissioni on-line, utili per fare comunicazioni sul lavoro e non certo per condurre l’animato confronto politico, le giunte hanno mano libera assoluta su ogni cosa. La modalità in remoto consente di negare trasparenza, partecipazione, e soprattutto permette di non rendere conto a nessuno del proprio operato: nel piccolo si perpetua l’insegnamento giunto dalle alte cariche nazionali.

A Mirafiori la controsoffittatura della sala consiliare è prossima a cedere, come già accaduto altrove, ed è quindi inagibile: un crollo che assomiglia alla demolizione compiuta a danno della sovranità popolare.   

L’epoca nuova è servita a tutti noi, seppur su un piatto di latta.

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