Di quota in quota
Juri Bossuto 07:00 Giovedì 02 Novembre 2023
È davvero difficile orientarsi nei meandri della Legge di Bilancio 2024. I quotidiani pubblicano di continuo numeri e percentuali che scandiscono il susseguirsi delle varie bozze su cui sta lavorando la premier Meloni: una fittissima foresta di dati in cui risulta facile perdersi. Le notizie sovente si smentiscono reciprocamente, si contraddicono in un oceano di parole, illudendo intere categorie sociali che in pochi minuti passano da uno stato di euforica gioia all’immediato abbattimento depressivo.
I pensionati sono tra i più sballottati dal mondo mediatico, costretti a dibattersi tra annunci di consistenti aumenti delle minime, e contrordini motivati dalla viva, e improvvisa, preoccupazione per quanto concerne la capacità dell’Inps di rispettare i pagamenti mensili.
Il percorso del Bilancio è ricco di imprevisti, soprattutto per coloro che si avvicinano alla fine del rapporto lavorativo per limiti di età: il tragitto che dovranno percorrere è paragonabile a un vero e proprio campo minato. Dopo anni di feroce critica alla “riforma” voluto dalla ministra Fornero da parte delle forze adesso al potere, le cui campagne elettorali si sono concentrate sull’abbattimento immediato della famigerata “Quota 100”, si assiste ora a scenari che si prospettano addirittura peggiorativi rispetto agli attuali.
La maggioranza parlamentare in carica, infatti, mette mano alla Legge del Governo Monti rendendola più severa nei confronti degli italiani. Secondo le previsioni contenute nella proposta finanziaria, verranno effettuati tagli sostanziosi nei capitoli dedicati al sistema pensionistico (per circa 2,7 miliardi di euro) al fine, affermano i Ministri competenti, di trovare risorse da spostare ad altre misure. In tal modo verrà avviata la realizzazione di un grande cavallo di battaglia del Centrodestra: il taglio del cuneo fiscale, ossia togliere risorse al popolo per regalarle ai ricchi.
Modifiche che deluderanno molto coloro che auspicavano la rottamazione della normativa Fornero, sotto la cui abitazione si radunarono di continuo i militanti della Lega per contestarla. Le novità normative promesse in campagna elettorale, quelle che avrebbero dovuto favorire l’accesso anticipato alla pensione (incrementandone l’importo), sono svanite come un sogno di mezza estate. Al contrario, il Governo ha deciso di rialzare i requisiti per l’accesso alle misure di flessibilità e dal 2024 si introdurrà la “Quota 103”, penalizzando chi matura i requisiti nel corso dell’anno.
Le determinazioni dell’esecutivo Meloni stanno già facendo riflettere molti medici sull’opportunità di lasciare il camice per usufruire ancora, in extremis, dell’attuale disciplina di messa a riposo. La Sanità è l’altro punto dolente di questo e di tanti altri governi nazionali, ad esclusione del Conte II che, in pieno Covid, stanziò miliardi a favore degli ospedali pubblici: fondi mai spesi dal sistema regionale.
La premier, nelle conferenze stampa di presentazione della Legge di Bilancio, sbandiera spesso l’incremento stanziato a favore del Fondo sanitario, il quale passerebbe a una dotazione di 134 miliardi nel 2024 (determinandone un aumento superiore ai 5 miliardi) e poi di 135 miliardi di euro l’anno dopo. Nelle sue dichiarazioni, però, viene data minor enfasi a un elemento essenziale: parte della spesa è destinata a finanziare gli acquisti di prestazioni dal privato (le convenzioni), mentre una quota è indirizzata all’aumento delle assegnazioni alle industrie farmaceutiche.
In sintesi, si proverà a ridurre le liste di attesa puntando sui centri diagnostici retti dalla regola del profitto, a scapito del sistema ospedaliero statale. Del resto non occorre essere laureati in scienze matematiche per comprendere un calcolo elementare: quel che il bilancio statale conferisce al privato (sanità o scuola, quest’ultima secondo la Costituzione dovrebbe essere una libera scelta senza oneri per lo Stato) si traduca in minori risorse per il sistema pubblico.
Naturalmente, nessun taglio è invece previsto nel settore della Difesa. Un dato che non stupisce contando le guerre che insanguinano il pianeta, su cui pesano anche molte responsabilità dell’Unione Europea (piegata alla volontà dell’alleato statunitense).
Il mito dei servizi esternalizzati a favore di imprese private sembra non essere scalfito dal governo di centrodestra-destra, ed in assoluta (quanto bizzarra) convergenza di principi con il centrosinistra. L’innamoramento quasi unanime della Politica nei confronti delle privatizzazioni non sempre porta benefici ai territori, come ben sanno gli scolari che in alcune mense torinesi, oggetto di appalto, prima di portare il cibo alla bocca devono osservare bene il piatto con lo scopo di individuare gli elementi non commestibili (capelli, legnetti e altro) ed eliminarli: piccoli inconvenienti che sicuramente hanno a che fare con la bramosia di denaro che anima alcune persone.
Del resto, come ci ripetono da decenni ministri e parlamentari, il privato ci vuole bene (in realtà più al nostro portafoglio), mentre il pubblico (cioè noi stessi) ci bistratta. Istituzioni e politici sono parte fondamentale di quel pubblico che dimostrano continuamente di non amare, e lo comprovano nell’opera capillare di demolizione perpetuata contro la Sanità e l’Istruzione (l’asse portante dello Stato sociale). Una strana contraddizione nell’agire degli eletti, in cui però prende forma il tradimento consumato contro i cittadini e gli elettori.