Vola colomba bianca

I pochi che invocano la “Pace” non si sono mai sentiti così soli come in questi ultimi anni. Una pesantissima emarginazione di cui è vittima lo stesso Pontefice, il quale si rivolge di continuo a una moltitudine di politici che si dimostrano ciechi, oltreché sordi, poiché preferiscono indossare gli elmetti anziché agire tramite la diplomazia.

L’ipocrisia caratterizza regolarmente la politica del Consiglio “Affari esteri” dell’Unione Europea, e le stesse esternazioni dei governi occidentali sono fondate di norma sul principio dei “Due pesi e due misure”. Le nazioni del Vecchio Continente colgono, infatti, qualsiasi occasione utile a espandere il loro dominio economico e commerciale, non disdegnando a tal fine neppure l’uso delle artiglierie. Ostilità giustificate maldestramente da una necessaria difesa dei diritti umani, per cui purtroppo del tutto inconciliabili con trattative volte al deporre le armi. 

La stessa informazione è stata sottomessa alla retorica di guerra, alla demagogia, e quindi privata della possibilità di esprimere considerazioni oggettive sui tanti conflitti che dilaniano il nostro mondo: una situazione complessiva descritta molto bene da Papa Francesco con l’espressione “Terza guerra mondiale a pezzi”.

In effetti i fronti aperti, in aggiunta a quelli mai chiusi, sono molteplici e sparsi su tutto il pianeta. Combattimenti sono attualmente in corso nell’Est Europa, in Medio Oriente e in Africa. Ovunque si contano civili, soprattutto bambini, seppelliti dalle macerie in seguito ai massicci bombardamenti diretti sulle loro case, oppure sterminati a causa di folli persecuzioni etniche nel nome della supremazia di una comunità umana sull’altra.

Dopo aver letteralmente eliminato dalla faccia della Terra gli alleati arabi dell’ex Unione Sovietica (Libia, Iraq, Siria, Yemen del Nord), ora l’Alleanza Atlantica ha voluto portare l’attacco direttamente sui confini russi, delegando però la pericolosa impresa militare a Kiev: a un Presidente eletto dopo ballottaggio grazie ai voti determinanti degli ucraini russofoni, mossi dall’illusoria speranza di veder normalizzato il Paese (come promesso in campagna elettorale dal leader stesso).  

In seguito, l’Ucraina (“acquistata” a suon di dollari e armi) si è trasformata in uno dei tanti cortili di casa di Washington. Un passaggio di proprietà palesato dal voto che lo Stato, un tempo sovietico, ha espresso durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sul progetto di risoluzione proposto da Cuba: “Necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario promosso dagli Stati Uniti contro Cuba”. A favore del documento si sono espressi centonovanta Paesi, cinque in più rispetto al novembre 2022, due soli contro, USA e Israele, mentre uno si è astenuto: l’Ucraina (votazione quest’ultima che replica quella effettuata l’anno prima). 

I media nostrani, convinti forse che l’Italia abbia votato lo stato di guerra, si guardano bene dall’evidenziare notizie che mettano in profonda crisi l’immagine costruita intorno a Zelensky: leader sempre in mimetica e rappresentato come un eroe a baluardo della libertà e della democrazia. L’opinione pubblica è ancora una volta in balia di chi decide quali notizie diffondere, e quali invece tenere nascoste in un cassetto. 

In un mese la striscia di Gaza ha contato circa diecimila morti tra i civili. Un numero, secondo le stime dell’ONU, che in Ucraina si è registrato in due anni di guerra, ma comunque non sufficiente per destare nei confronti dei palestinesi la stessa pietà dimostrata, da governi e testate giornalistiche, nei riguardi di Kiev (una misericordia comunque non rivolta alla popolazione ucraina, ma al potere politico). Eppure le immagini che giungono da Israele sono strazianti, sia quando ritraggono le carneficine perpetuate da Hamas che i bombardamenti israeliani su Gaza City.

I telegiornali riescono attualmente a realizzare quanto ritenuto impossibile sino a qualche settimana fa: fornire al pubblico televisivo resoconti drammatici di caduti e feriti per mano dell’esercito israeliano con una rara freddezza, eliminando quindi l’enfasi usata quando le telecamere filmavano gli effetti dei bombardamenti sulle terre contese dai russi e dagli ucraini. Del resto la maggior parte degli speakers TV ritengono questa guerra “giusta”, poiché convinti che la ragione assoluta stia dalla parte di Israele. Professionisti impassibili pure nell’attimo in cui raccolgono le recenti dichiarazioni del Ministro della difesa Eliyahu che, per risolvere ogni problema, invoca il lancio della bomba nucleare su Gaza (parole poi smentite perché mal interpretate).

L’esponente del governo Netanyahu, che auspica il fungo atomico, dovrebbe essere destinatario di una forte stigmatizzazione internazionale, ma invece sono state ancora una volta poche le voci di dissenso. La Corte Penale Internazionale, l’istituzione giudiziaria che ha spiccato il mandato di cattura contro Putin, ha taciuto. Un silenzio che ha riguardato pure il sangue versato dai non combattenti nei campi profughi e nella striscia di Gaza. Hanno fatto finta di niente gli stessi leader europei, inclusa l’iperattiva Ursula von der leyen.

Ci sono quindi stragi consentite, come quelle subite dai civili ucraini russofoni bruciati vivi ad Odessa nel 2014 (dai nazionalisti filo Azov) oppure le attuali contro il popolo palestinese, ed altre che invece scatenano lo sdegno e la dura reazione occidentale. Ripulendo le guerre da bugie e giochi di potere rimane una sola verità: i morti innocenti, ossia il dato che più di qualsiasi altro consegna la ragione a chi, in solitudine, invoca la “Pace”.

Sono i caduti tra la popolazione israeliana, palestinese, ucraina e russa che dovrebbero indurre le persone di buon senso ad abbandonare il tifo da stadio, per una delle due parti in conflitto armato, e a gridare “Basta!” con tutta l’aria che si ha nei polmoni.   

Un grido liberatorio e precorritore di buon senso collettivo, una sola parola ben scandita a voce alta: “Basta versare sangue!”.

print_icon