Esami dal medico di famiglia, volano i camici su 235 milioni
Stefano Rizzi 07:00 Giovedì 11 Luglio 2024Sul piatto tanti soldi, 18 per il Piemonte, destinati all'acquisto di apparecchiature. C'è chi avverte: "Sarà un grande business". Scontro tra sindacati. Smi e Snami contrari, a favore la Fimmg. E aumentano i disagi (e la confusione) tra i pazienti
L’elettrocardiogramma registra fibrillazioni ancor prima di arrivare nello studio del medico di famiglia. È, infatti, proprio il futuro approdo di una serie di dispositivi diagnostici negli ambulatori dei medici di medicina generale e far fibrillare il mondo sindacale dei camici bianchi, per l’ennesima volta diviso. Ancora non si è sopita la polemica scaturita dalla possibilità per i farmacisti di eseguire alcuni accertamenti ritenuti dai medici una loro esclusiva pertinenza che ecco questi ultimi schierarsi su fronti opposti attraverso le loro rappresentanze di categoria.
La questione, tuttora irrisolta, non nasce adesso: già nella legge di bilancio del 2019 per provare a ridurre le liste d’attesa erano stati stanziati, per l’anno successivo, 235 milioni destinati all’acquisto di apparecchiature sanitarie da fornire ai medici di famiglia. Di lì a pochi mesi sarebbe arrivato il Covid, stravolgendo tutto e facendo sparire pure quel provvedimento che adesso, pur con qualche modifica, torna di attualità. Al ministero l’iter pare essere in fase piuttosto avanzata, tanto che da lì sono già partite dirette alle Regioni le richieste di un quadro dettagliato dei fabbisogni.
Senza ancora il timbro dell’ufficialità, per il Piemonte si parla di una spesa attorno ai 18 milioni. “Un business” per chi non nascondendo scetticismo di fronte a questa evoluzione del ruolo del medico di famiglia, intravede un affare per chi quelle apparecchiature le produce, le vende e, aspetto economicamente non meno rilevante, ne cura la manutenzione. Poi ci sono anche i corsi di formazione per utilizzarle, senza tralasciare l’aspetto medico-legale del referto che spetta allo specialista.
Dubbi e aperte contrarietà che emergono con nettezza nella posizione dello Smi, uno dei sindacati dei medi ci di base. “Non firmeremo nessun accordo che sovraccarichi di ulteriore lavoro e che potrebbe porre a rischio la professione dei medici di medicina generale”, annuncia il segretario per il Piemonte Antonio Barillà. L’accordo nell’agenda della Regione ancora non c’è e negli uffici della Sanità al grattacielo non si prevedono tempi brevi. Tuttavia, Barillà non usa i guanti nel mettere le mani avanti: “Ci deve essere una chiara progettualità regionale finalizzata alla riduzione delle liste d'attesa, l'abbattimento di esami inutili, con il controllo e la gestione deve essere in capo alle Asl. Sbagliato lasciare tutto alla libera organizzazione di qualcuno”, aggiunge annunciando la richiesta di “un incontro con il direttore regionale per poter illustrare tutte le perplessità in merito ad un investimento che rischia di essere la vacca da mungere di qualche gruppo di persone e che può mettere a rischio la professione di tanti giovani medici”. Sulla stessa linea dello Smi, anche lo Snami, altra sigla dei camici bianchi sul territorio. Per il segretario regionale Mauro Grosso Ciponte “va bene impiegare quelle risorse, ma vanno spese bene e dotare di un elettrocardiografo, uno spirometro o altri strumenti per i quali serve una conoscenza e una formazione particolare ai medici di famiglia non mi pare la maniera giusta. Piuttosto si impieghino quei soldi per comprare attrezzature per le future case di comunità”.
Due posizioni sostanzialmente univoche con le quali contrasta quella del sindacato maggiormente rappresentativo, ovvero la Fimmg, guidata in Piemonte da Roberto Venesia. “Stiamo già lavorando per comunicare alla Regione un fabbisogno di dotazioni strumentali – spiega – basato sulle future Aft, le aggregazioni funzionali territoriali che dovranno essere costituite dal gennaio del prossimi anno”. La Fimmg guarda, dunque, a quelle strutture composte da più medici della stessa area territoriale che dovranno in qualche modo sostituire la figura classica del medico di famiglia, come al luogo dove i pazienti potranno sottoporsi ad alcuni esami, fino ad oggi eseguiti dagli specialisti.
Quanti ecografi, quanti holter cardiaci, quanti elettrocardiografi, quanti spirometri? Ancora non è chiaro chi acquisterà queste apparecchiature, se ci sarà una gara centralizzata a livello nazionale, oppure in ambito regionale, quel che è certo è che la somma, 235 milioni, è ragguardevole anche se solo si guarda al Piemonte con i suoi circa 18 milioni. Senza considerare eventuali aggiunte tra manutenzione e formazione. “Parliamo di una diagnostica di primo livello che possiamo considerare una sorta di ferri del mestiere che ogni medico dovrebbe già avere per semplificare la sua attività. Poi – aggiunge Venesia – c’è anche la possibilità di usare le telemedicina per i referti degli specialisti. L’occasione di poter usare tecnologie efficaci e semplici è importante, poi nessuno è obbligato a farlo. Però in un gruppo formato da molti medici come le Aft è importante che qualcuno abbia queste competenze”. Il segretario della Fimmg, ricorda che proprio il suo sindacato con la scuola di formazione “lo scorso anno sono stati formate decine di medici di famiglia a fare le spirometrie, poi abbiamo la scuola di ecografia. E poi, ripeto, nessuno sarà obbligato a dotarsi di queste apparecchiature, ma credo che il progresso non si arresta e se tu lasci un vuoto qualcuno lo occupa a tuo discapito”.
Posizioni assai diverse, in più di un punto contrastanti, quelle dei sindacati di fronte a uno scenario che seppur non in tempi brevissimi potrebbe cambiare alcuni tratti della medicina del territorio. Resta, considerando scelta da parte del medico di fare e non fare questo o quell’esame, il problema per i pazienti. Ci sarà chi avrà il medico di famiglia pronto a fargli l’elettrocardiogramma e chi, invece, no. Pazienti che troveranno l’holter pronto nella loro aggregazione di professionisti e altri che dovranno continuare a fare come hanno sempre fatto. Se, come sostiene qualcuno, quei 18 milioni per il Piemonte potrebbero essere un business per qualcuno, sarà da vedere se questa innovazione sarà un’importante occasione anche per i pazienti.