Renzi, il centro e il trasformismo
Giorgio Merlo 11:23 Mercoledì 31 Luglio 2024
Il trasformismo è una costante nella storia democratica del nostro paese che periodicamente riemerge. Una costante che, di norma, coincide con le fasi caratterizzate da una marcata crisi della politica, da classi dirigenti alquanto improvvisate e dall’assenza di partiti organizzati e culturalmente poco solidi e scarsamente attrezzati. E il luogo politico dove maggiormente si consuma questa degenerazione è il cosiddetto Centro. Cioè l’area centrista della politica italiana. Per quasi 50 anni quello spazio è stato saldamente e autorevolmente occupato dalla Democrazia Cristiana e dai suoi storici alleati, i piccoli partiti laici. Dopo la fine della prima repubblica il Centro si è diviso tra il Ppi prima e la Margherita e il Pd poi nel campo del centro sinistra e Forza Italia e il Ccd prima e l’Udc poi nel campo del centrodestra. Dopo la fine o la profonda trasformazione di quei partiti – ad esempio il Pd, che da partito di centrosinistra è diventato un partito espressione di una sinistra radicale, massimalista e libertaria – oggi possiamo tranquillamente sostenere che, dopo il definitivo fallimento politico ed elettorale di Renzi e di Calenda alle recenti elezioni europee, l’unico partito realmente di centro rimasto sul campo è quello di Forza Italia. Che, non a caso, sta riscuotendo sempre maggior attenzione e consensi da parte di settori sociali, mondi vitali e culture centriste ormai definitivamente orfani di una vera e concreta offerta politica centrista. Purché, come ovvio, Forza Italia si apra veramente a quell’arcipelago centrista, moderato e liberaldemocratico che difficilmente oggi può riconoscersi in una sinistra sempre più estremista e massimalista o in una destra che coltiva ancora troppi sogni sovranisti.
Ed è proprio all’interno di questo contesto politico che si inserisce la deriva trasformistica ed opportunistica. È il caso, nello specifico, dell’ultima piroetta politica del capo di Italia Viva, Matteo Renzi – addirittura contestato all’interno del suo partito personale – che ha sistematicamente rinnegato tutto ciò che ha detto negli ultimi anni sposando le tesi di Schlein, Conte, Fratoianni, Bonelli e compagnia cantante.
Ora, al di là delle legittime scelte politiche del capo di Italia Viva – che non si sa mai quanto durano nel tempo – è indubbio che il Centro può recuperare un ruolo, una funzione, un significato e anche una “mission” concreta solo se non si piega a nessuna deriva trasformistica ed opportunista. Solo, cioè, se è capace di dispiegare una vera e credibile “politica di centro” mettendo in discussione quella radicalizzazione della lotta politica che era e resta la vera pietra d’inciampo per poter far decollare realmente un Centro politico, riformista e di governo. E, al contempo, senza sposare tesi e progetti politici che sono quasi antropologicamente alternativi a tutto ciò che è riconducibile seppur vagamente ad una “politica di centro”. E, inoltre, coltivando un metodo e una prassi che esulano da protagonismi, trasformismi e piroette improvvise che sono e restano estranei ed esterni rispetto alla tradizione politica, culturale e anche programmatica del Centro.
Ecco perché, al di là delle uscite spettacolari e pirotecniche, forse è arrivato anche il momento della coerenza politica e della lungimiranza culturale, soprattutto per un campo politico come quello del Centro che, nel nostro paese, è sempre stato decisivo e determinante in tutte le fasi storiche.