POLITICA & SANITÀ

Sanità, il Piemonte cerca un piano. Unità di missione ("impossible"?)

L'ultimo impianto legislativo socio-sanitario completo risale a vent'anni fa. Poi solo aggiustamenti e (anche pesanti) modifiche. Il neo assessore Riboldi annuncia "una forte impronta sociale". L'approvazione del testo entro la prossima estate. Ce la farà?

“Vorrei che il Piemonte avesse il suo nuovo piano sociosanitario entro la prossima estate”. Più che un desiderio, quello di Federico Riboldi, è un obiettivo. Quanto raggiungibile nel giro di un anno, lo si vedrà soltanto nei mesi a venire quando politica e burocrazia, ma anche tutti quei settori della sanità e dell’assistenza a vario titolo coinvolti, saranno messi alla prova.

Nell’auspicio dell’assessore alla Sanità c’è la consapevolezza che dodici mesi, in teoria, sarebbero più che sufficienti per dotare il Piemonte di uno strumento di cui necessità ormai da molti anni, pur se come si è visto in più di una circostanza anche le scadenze dichiaratamente più certe, poi sono slittate in avanti. La sola certezza, al momento, è proprio quella della necessità inderogabile di procedere il più celermente possibile verso la redazione e conseguente approvazione del piano per non aggiungere ulteriori ritardi a quelli, enormi, accumulati negli anni.

Per ritrovare l’ultimo vero piano sociosanitario e non successive modifiche parziali anche se parecchio incisive, bisogna rispolverare gli archivi e tornare indietro ai governi regionali di centrodestra presieduti da Enzo Ghigo dove fino al 2003 la Sanità era affidata ad Antonio D’Ambrosio, esponente di Alleanza Nazionale. All’epoca il piano venne approvato senza il voto contrario, ma con la sola astensione della sinistra, si racconta grazie a certosine trattative di una diplomazia trasversale che riuscì a rendere ancora più solido l’impianto normativo che, tuttavia, avrebbe inevitabilmente mostrato, dopo anni, la sua inadeguatezza. “Oggi non è più pensabile andare avanti con aggiustamenti e correttivi”, sostiene Riboldi pur senza citare ciò che non è stato fatto dalla giunta di Sergio Chiamparino dopo l’uscita dal piano di rientro, quando sarebbe stato il momento opportuno per avviare l’iter, tantomeno è stato fatto nel corso del primo mandato di Alberto Cirio al termine della lunga emergenza Covid, avendo il tempo almeno per incominciare il cammino.

Cammino che nell’appena avviata legislatura regionale viene annunciato, quasi incidentalmente, nel corso della giunta in trasferta a Limone Piemonte dove Alberto Cirio ha parlato di un’unità di missione che sarà istituita con una delibera e che lavorerà, appunto, alla redazione del piano sociosanitario. Sull’organismo e sulla sua composizione paiono doversi definire ancora parecchi dettagli. “Ci sono un po’ di proposte – spiega Riboldi – ma la soluzione di una struttura ad acta mi pare quella migliore. Un gruppo di lavoro altamente qualificato, tra figure interne ed esterne alle Regione, che operi agilmente e su tutti i settori contemplati dal piano”. E che quella socio-sanitaria non sia solo poco più che una definizione normativa, ma “debba tradursi davvero in sinergia tra assistenza e sanità”, l’assessore lo pone tra i fondamentali del futuro testo normativo. “Dobbiamo definire meglio le differenze tra residenze sanitarie assistenziali e residenze assistenziali, la presenza del personale sanitario nelle prime è fondamentale anche per evitare ricorsi impropri ai Pronto Soccorso e favorire le dimissioni dai reparti ospedalieri. E questo è solo un esempio come tutto sia collegato, anche al problema più grande che è quello delle liste d’attesa”.

Dunque “piena collaborazione e sinergia tra me e il mio collega del Welfare Maurizio Marrone e i due direttori Antonino Sottile e Livio Tesio”, tra le premesse per incominciare a lavorare al piano che, si vedrà quanto potrà incidere e per alcuni versi rimediare ulteriormente ai pesanti tagli che proprio la modifica più pesante qual è stata la delibera 1-600 sulla rete ospedaliera dell’allora assessore Antonio Saitta e del direttore regionale Fulvio Moirano aveva introdotto per ottemperare alle regole del piano di rientro. Quella delibera, approdata in Consiglio regionale dopo l’approvazione della giunta con una procedura che sollevò non poche polemiche, ne produsse altre sul territorio regionale con numerosi ricorsi da parte di sindaci, in gran parte del Pd.

E quella della condivisione con le amministrazioni locali, che all’epoca mancò o non fu sufficiente, è un altro dei punti che l’assessore fissa sull’agenda. “Ci sarà assolutamente, così come ci saranno incontri con ciascun portatore di interesse, dai sindacati alle associazioni, dalle reti agli ordini professionali, che intendo fare personalmente”, aggiunge Riboldi. Mentre resta da scoprire da chi e da quanti sarà composta l’unità di missione e quali saranno i passaggi formali del testo – probabilmente una proposta di legge della giunta che approderà poi in commissione e da lì in aula – il timbro politico, l’assessore di FdI lo appone annunciando che il nuovo piano, “che non dovrà lasciare spazio a fronzoli mirando all’efficacia senza sprecare un solo euro, avrà una fortissima impronta sociale”.

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