Stranieri in casa nostra, colf e badanti: 200mila senza permesso di soggiorno
14:00 Martedì 27 Agosto 2024Arrivano dall'Est Europa, Filippine, America latina. Quasi il 70% dei lavoratori domestici è immigrato. Oltre 120mila dalla Romania, 90mila dall'Ucraina e 60mila dalle Filippine. Ma ancora tanti sono gli irregolari
Arrivano da Europa dell’Est, Filippine, America latina: il lavoro domestico è tra quelli in cui è più alta la presenza di immigrati. Nel 2023 i lavoratori domestici stranieri sono stati il 68,9% del totale, e la percentuale sale al 72,7% se consideriamo solo i contratti di badante. In totale gli stranieri impegnati in questo settore sono quasi 575mila, di cui il 52,4% si occupa di assistenza alle persone (badanti, appunto). Sono i dati del VI Rapporto annuale stilato dall’Osservatorio sul lavoro domestico dell’Associazione Domina sui dati Inps. Il paese più rappresentato è la Romania (123 mila, 21,3% del totale stranieri); il secondo è l'Ucraina, con 90mila lavoratori (15,6%), seguito dalle Filippine con 63mila (11%). Seguono il Perù (36.141) e la Moldavia (32.573). Sotto le 7mila unità paesi come Bulgaria, Senegal, Russia o Nigeria.
La tipologia di lavoro domestico sembra essere correlata con la provenienza: il ruolo di badante è prerogativa dell’Est Europa, come Georgia (84,9%), Bulgaria (74,1%), Ucraina (67,2%) e Romania (63,2%). Al contrario, si registra una netta prevalenza di colf per i lavoratori provenienti dal Pakistan (85,4%), dalle Filippine (83,8%) e dal Bangladesh (82,3%). Rispetto al 2022 i lavoratori domestici stranieri sono diminuiti del 7,6% e si registra una contrazione in quasi tutte le nazionalità. Tra i principali Paesi d’origine, l’unico a riportare una crescita è la Georgia (+3,6%). A diminuire in modo notevole sono Albania (-14,1%), Marocco (-13,9%), Bangladesh (-42,3%) e Senegal (-31,8%). In questo caso, il calo è probabilmente dovuto a un rimbalzo fisiologico seguito agli aumenti legati alla regolarizzazione del 2020.
Il rapporto tra lavoratori domestici e popolazione residente indica la propensione al lavoro domestico per ciascuna nazionalità: Filippine, Ucraina, Perù ed El Salvador superano il 30%. Moldavia, Ecuador e Sri Lanka superano il 25%. Per le comunità più numerose, invece, l’incidenza del lavoro domestico si abbassa: è il caso della Romania (11,3%) o di Albania (5,4%) e Marocco (5,1%). Un caso particolare è rappresentato dalla Georgia, dove il rapporto tra lavoratori domestici e popolazione residente raggiunge l’86,4%. Mediamente, considerando tutti gli stranieri in Italia, il lavoro domestico rappresenta l’11,2% della popolazione. Se invece considerassimo la popolazione italiana, il lavoro domestico rappresenterebbe appena lo 0,5%.
Secondo Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, “nonostante la crescita della componente italiana, il lavoro domestico rimane un settore con una forte connotazione immigrata. Tuttavia, le comunità nazionali sono molto diverse tra loro e presentano forti specializzazioni etniche”. “Tuttavia – conclude – non dobbiamo dimenticarci gli oltre 200mila lavoratori senza permesso di soggiorno stimati anche quest’anno che lavorano nelle nostre case e che si prendono cura dei nostri cari e che non si riescono ad intercettare perché invisibili alla società”.