Autunno caldo dei medici di famiglia. Più soldi, meno tasse o sarà sciopero
Stefano Rizzi 07:00 Venerdì 13 Settembre 2024I camici bianchi del territorio bussano alla porta di Giorgetti. Chiedono di detassare vaccinazioni e assistenza domiciliare. Scotti (Fimmg): "Senza risposte, a ottobre sarà mobilitazione". Piemonte avanti sugli accordi, ma restano i nodi case della salute e Aft
Chiedono più soldi. E per “convincere” il Governo a metter mano al portafogli in occasione dell’imminente manovra finanziaria, i medici di famiglia minacciano lo sciopero. La decisione dell’astensione del lavoro potrebbe arrivare già ai primi di ottobre, in occasione del congresso nazionale della Fimmg, il maggior sindacato dei medici di medicina generale, ma anche a ridosso di una stagione dove influenza e altri malanni accrescono ancor più la necessità di risposte dalla sanità, incominciando proprio dai professionisti della medicina territoriale.
Si dicono “preoccupati per la mancanza di risorse che rischiano di mettere in ginocchio l’assistenza” e con il segretario nazionale della Fimmg Silvestro Scotti tornano, ancora una volta a battere cassa, pur essendo evidente la situazione finanziaria del Paese e le difficoltà, ormai evidenziate ogni giorno dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, nel predisporre la manovra. Per il sindacato servono almeno dieci miliardi, su un fondo che se passerà l’atteso incremento di due chiesto dal ministro Schillaci nel 2025 sarà complessivamente di 137, da destinare ai medici di famiglia, attraverso numerosi interventi tra i quali la detassazione di alcune indennità e la decontribuzione del personale assunto da loro, come segretarie e infermieri.
Categoria non certo nuova a reclamare, sempre più spesso, maggiori risorse sia a livello nazionale sia in ogni singola regione, quella dei medici di famiglia continuando a rappresentare un’anomalia del sistema sanitario – liberi professionisti, quindi non dipendenti, ma legati da una convenzione con l’ente pubblico – che sempre più spesso mostra limiti e incongruenze, ha dalla sua una notevole forza contrattuale. La stessa minaccia di sciopero in un periodo fortemente critico sotto il profilo delle patologie stagionali, insieme all’ampiamente prevedibile ingolfamento dei Pronto Soccorso, rende la questione ancor più critica.
A tutto questo, va aggiunto il lasso di tempo sempre più breve che separa dalla scadenza del giugno 2026 per l’entrata in funzione delle case della salute, strutture previste dal Pnrr che dovrebbero avere proprio nei medici di famiglia il pilastro principale, mentre gli stessi camici bianchi non nascondono perplessità e resistenze di fronte a questa prospettiva. Ancora prima, entro il prossimo primo gennaio, scatterà l’obbligo per le Aft, le aggregazioni funzionali territoriali, che raggruppando un numero di medici di famiglia della stessa area dovranno fornire una serie di servizi agli assistiti che ora non hanno. Uno per tutti, la copertura per tutto l’arco orario del giorno, in particolare fino alle 20, in cui non opera la guardia medica. Ma anche, ulteriore motivo, per chiedere altri soldi.
Proprio su questo punto, in Piemonte, i sindacati si erano divisi con la Fimmg su una posizione e Smi e Snami di diverso avviso. Poi si è giunti a trovare un punto in comune e il sistema sanitario piemontese è stato il primo in Italia a siglare l’accordo integrativo regionale, mentre il resto del Paese è ancora indietro. “Un primato importante che, però, adesso deve vedere il sistema procedere speditamente”, avverte Roberto Venesia, segretario regionale della Fimmg. “Proprio l’imminente entrata in vigore delle Aft e, in prospettiva, quella delle strutture del Pnrr impone di mettere a terra tutto ciò che l’accordo contempla. Per questo riteniamo importante avviare subito un tavolo con la Regione”.
Intanto, sul fronte delle rivendicazioni la tensione resta alta e difficilmente calerà con l’approssimarsi delle decisioni da inserire nella manovra finanziaria. Tra le non poche richieste avanzate dalla Fimmg al Governo e che se non accolte porterebbero allo sciopero, c’è anche quella di detassare la quota variabile dello stipendio, che contiene molte voci tra cui quelle relative alle vaccinazioni, l’assistenza domiciliare, gli screening e altro ancora. Detassare questi guadagni significa trovare i soldi per compensare i mancati introiti fiscali, insomma attingere ancora dalle casse dello Stato e, di conseguenza, delle Regioni che notoriamente non sono affatto colme, vedendosene da tempo il fondo. Un po’ di soldi, pur senza arrivare ai dieci miliardi da provocare uno svenimento di Giorgetti, li si dovranno trovare comunque, visto che tra le istanze del sindacato c’è pure quella di chiudere entro l’anno la questione dell’atto di indirizzo dell’accordo collettivo nazionale, strumento con cui aggiornare al costo della vita 2024 gli stipendi fermi al 2021. “Se non avremo risposte alle nostre richieste – avvisa il segretario Scotti, lanciando una sorta di ultimatum al Governo – al congresso di ottobre, tireremo le somme proclamando lo stato di agitazione e lo sciopero”.