Mons. Repole, "la carità non è welfare ci deve riguardare tutti"

"Non possiamo ridurre l'azione caritativa a ciò che fanno i gruppi specializzati o i volontari generosi, l'esistenza di gruppi particolarmente impegnati non può rappresentare un alibi per il resto della comunità cristiana. La carità è un impegno di tutti e per sempre, la carità cristiana non è una qualche forma di welfare o di generica filantropia". E' uno dei passaggi della nuova lettera pastorale dell'arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, Roberto Repole, 'Voi stessi date loro da mangiare'. Un impegno, quello della carità, che deve coinvolgere tutti oggi, anche pensando, scrive nella lettera, che "tra pochi anni, non avremo solo minori risorse economiche, ma anche minori risorse umane", "perché si va in pensione sempre più tardi, l'economicismo imperante 'si mangia' molto del tempo libero delle persone, ma anche perché se prima potevamo contare su comunità cristiane ampie, oggi non è più così". Da qui la necessità di mettere al centro la formazione, per "rimettere i cristiani a contatto con la Parola di Dio". Per questo l'arcivescovo annuncia l'avvio di un nuovo ciclo di catechesi per adulti, da lui curato, che partirà il 22 novembre. E per questo, invoca anche la necessità di riformare il catechismo dei bambini, "che non duri più di quattro anni e si concluda entro il primo anno della scuola secondaria, innestando nell'ultimo anno una nuova proposta, più adatta ai ragazzi e alle ragazze di quell' età. Così - conclude - si libereranno liberare forze per offrire occasioni di formazione e di ascolto della Parola anche in altre età e situazioni di vita e si uscirà da un'immagine nefasta secondo la quale il cristianesimo è 'cosa da bambini'".

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