POLITICA & SANITÀ

Nuovi ospedali, vecchie manfrine. Cirio continua il ballo del mattone

Dopo le rivelazioni dello Spiffero sui pareri negativi al Ppp per Cuneo e Alessandria, Riboldi "rassicura", ma non smentisce. Domani l'annuncio su quale strada intraprenderà la Regione. Ma in Italia quanti nosocomi sono nati con i fondi dell'Inail? Mezzo

Dalla padella alla brace. L’eventualità rasenta la certezza nell’ormai ineludibile, quanto imbarazzante, cambio di rotta nel già lento e tortuoso cammino verso la costruzione dei due futuri ospedali di Cuneo e Alessandria. Il passaggio dal partenariato pubblico-privato alla soluzione che vede il Piemonte pronto a rivolgersi, nuovamente dopo aver accantonato l’idea, all’Inail non rassicura più di tanto se si considera che l’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, in otto anni, degli 87 progetti ne ha visto realizzato soltanto uno (peraltro in circostanze particolari) e dei 5,4 miliardi disponibili per finanziare le strutture sanitarie sono stati spesi appena 78 milioni. 

Nel caso piemontese, poi, la strada dell’Inail è già stata imboccata per i nuovi ospedali di Ivrea, Vercelli, Moncalieri, Fossano e per quello torinese della Pellerina, lasciando fino ad oggi al partenariato la Città della Salute di Novara, il Parco della Salute di Torino e, appunto i nuovi poli ospedalieri di Cuneo e Alessandria. Su questi ultimi due, come rivelato dallo Spiffero, pesano al pari di enormi macigni i pareri negativi degli advisor (e dello stesso direttore generale dell’AsoLivio Tranchida) sul piano finanziario dell’opera che dovrebbe sostituire il Santa Croce e Carle e un giudizio altrettanto negativo da parte di Agenas per quanto concerne la modalità individuata per costruire il nuovo ospedale del capoluogo alessandrino.

Dopo la pubblicazione della notizia (tenuta debitamente coperta in Regione dove i pareri negativi su Cuneo erano arrivati già ai primi di giugno, forse per evitare imbarazzi in campagna elettorale) sono giunte le ampiamente prevedibili reazioni della politica, in particolare del Pd e del M5s. L’assessore alla Sanità Federico Riboldi si è affrettato a diffondere una nota in cui, non smentendo affatto quanto scritto per primo dallo Spiffero, annunciava per domani la sua presenza a Cuneo e poi ad Alessandria “per incontrare i sindaci del territorio e rassicurarli in merito alla costruzione dei nuovi ospedali”. Nella stessa nota Riboldi spiega che “proprio in questi giorni, sono in corso le valutazioni finali, che si concluderanno in tempi brevi. Come previsto dalle norme infatti abbiamo esaminato le proposte di partenariato pubblico-privato per valutarne la pubblica utilità e, contemporaneamente, abbiamo portato avanti i percorsi alternativi per avere la certezza di garantire la fattibilità degli ospedali come previsto”. 

Ora, se formalmente è vero che ancora manca e quasi certamente non giungerà la dichiarazione di pubblica utilità, passaggio fondamentale per avviare il Ppp, altrettanto vero seppur non comunicato dalla Regione, è che questo diniego ci sarà proprio per l’insostenibilità del piano finanziario presentato dall’impresa del Gruppo Dogliani con un rincaro attorno al 25 per cento. Non solo, se Riboldi sostiene che, si sono portati avanti percorsi alternativi, ovvero l’ipotesi Inail, questo è ben diverso da quanto affermato non più tardi dello scorso 25 gennaio dal governatore Alberto Cirio e dall’allora assessore Luigi IcardiSiamo di fronte a delle certezze – affermavano presidente e assessore – il partner privato ha comunicato la disponibilità a recepire le ultime richieste degli advisor, per cui si può entrare nella fase decisiva per bandire la gara”. Fiato alle trombe.

Appena cinque mesi più tardi, con la legislatura agli sgoccioli e la campagna elettorale all’apice, al grattacielo arriva il dossier che è una doccia gelata, ma rischia di diventare una lastra di ghiaccio proprio in vista del voto. Passano le elezioni, si forma la nuova giunta, trascorre altro tempo, ma quel dossier non riceve risposta, o meglio non la riceve l’Aso di Cuneo cui spetta formulare la dichiarazione di pubblica utilità, ma che deve altresì prima ricevere il parere vincolante della Regione. Destino simile riceve anche la comunicazione di Agenas per quanto riguarda l’ospedale di Alessandria, pure quello diretto verso il partenariato, pure quello con la proposta avanzata dal Gruppo Dogliani, come nel caso del Parco della Salute di Torino, alimentando l’interrogativo sul perché altri grandi gruppi nazionali si tengano lontani dall’edilizia sanitaria piemontese. Ma questo è solo uno dei tanti interrogativi, non certo secondari, che avvolgono la vicenda. 

Vicenda che, come abbiamo scritto l’altro giorno, rischia più che concretamente, nell’ipotesi meno grave, di allungare i tempi. Perché se l’assessore sostiene che si è proceduto, cautelativamente, anche su altri percorsi e visto che la casse della Regione non permettono di finanziare in proprio neppure un solo ospedale, non pare restare che l’Inail, è altrettanto non smentibile la lunghezza che questa strada presenta, rispetto ai più volte citati cronoprogrammi. L’Inail chiede oltre al terreno su cui edificare (e questo non è un problema) anche che l’ente pubblico finanzi e presenti un progetto, naturalmente da ricercare e affidare attraverso una gara. Poi c’è tutta l’istruttoria e qui certo non confortano i precedenti.

Varato nel 2015 con il Governo Renzi, più volte ampliato, riveduto e corretto, il piano dell’Inail per impiegare i suoi fondi non è mai affettivamente decollato e, dopo otto anni, delle 87 proposte autorizzate solo una è arrivata in fondo, peraltro per un ospedale già costruito in precedenza. Neppure gli aggiornamenti intervenuti negli anni riusciranno a cambiare la situazione e tutte le richieste e i progetti, eccetto quello dell’ospedale di Ferrara inserito come iniziativa urgente nonostante fosse operativo da alcuni anni, resteranno sulla carta, alimentando il sarcastico assunto che gira nell’ambiente per cui se non si vuole costruire un ospedale ci si affida all’Inail. E sostanzialmente di questo avviso era parso, almeno per gli ospedali più grandi, lo stesso Icardi che dopo un primo “innamoramento” per la soluzione attraverso l’istituto delle assicurazioni con cui parevano doversi realizzare tutti gli ospedali, con gli stessi soldi che giravano come i carrarmati di Mussolini, aveva poi virato sui partenariati, anche grazie alle proposte che arrivavano per Cuneo, Alessandria, Torino partendo sempre dallo stesso posto. 

Adesso il suo successore mette rapidamente in agenda le tappe nel capoluogo della Granda e in quello della sua provincia per “rassicurare” che gli ospedali si faranno e i tempi saranno rispettati. Come, si spera, lo si capirà domani anche se già oggi in commissione Sanità del consiglio regionale, presieduta da Icardi, Riboldi chiamato in audizione per l’altrettanto paradossale vicenda della Città della Salute di Novara sempre ferma tra gare annullate e rinviate, più di una domanda sugli altri due ospedali la riceverà senz’altro.

Intanto, a Roma il presidente del Lazio Francesco Rocca annuncia che il prossimo 3 ottobre andrà in Conferenza Stato-Regioni il decreto approvato dal Mef e bollinato dalla Ragioneria con cui si stanziano 1,6 miliardi dell’Inail per costruire cinque ospedali e subito dopo, il governatore, esponente di Fratelli d’Italia come Riboldi, ha già pronta una conferenza stampa con il ministro Orazio Schillaci

Se e' questa la strada, più o meno obbligata, che hanno in mente al grattacielo del Lingotto lo si dovrà, più che auspicabilmente sapere, domani a Cuneo e Alessandria. Perché se il rischio di passare dalla padella alla brace resta assai difficile da non mettere in conto, restando tra le vettovaglie, quel che non sarebbe più accettabile è veder allungare ancora il brodo.