LA SACRA RUOTA

18 ottobre: l'auto va in sciopero

Manifestazione unitaria a Roma indetta da Fim, Fiom e Uilm. Indice puntato contro Governo e Stellantis. "Situazione molto grave", "gli incentivi all'elettrico hanno funzionato male". Nel 2024 saranno prodotte in Italia solo 500mila vetture

L’auto si ferma. Fim, Fiom e Uilm hanno proclamato uno sciopero del settore, comprese le aziende della componentistica, per venerdì 18 ottobre. Per la stessa giornata è stata programmata una manifestazione nazionale a Roma. Quella di oggi è una “giornata importantissima perché abbiamo deciso di mettere in piedi una serie di iniziative per arrestare la situazione che si è venuta a creare negli stabilimenti italiani di Stellantis”. Così il leader della Uilm, Rocco Palombella, nel corso di una conferenza stampa unitaria per denunciare che “le cose vanno malissimo”. Palombella accusa inoltre il governo di una gestione della crisi dell’auto “molto superficiale”. Nonostante gli incentivi all’elettrico, quasi un miliardo di euro, “Stellantis ha collezionato il 30% in meno” di vendite.

Ad agosto in Europa sono state immatricolate 755.717 auto, segnando un calo del 16,5% rispetto allo stesso mese dello scorso anno e del 29,6% rispetto ad agosto 2019, ovvero prima della crisi innescata dalla pandemia. Pesa il forte calo delle auto elettriche pari al 36%, mentre considerando solo l’Unione Europea la flessione è del 43,9%.

Lo sciopero proclamato da Fim, Fiom e Uilm sarà di 8 ore. I sindacati chiedono risposte urgenti al Governo e al gruppo Stellantis perché “la situazione è molto grave”. Secondo le categorie dei metalmeccanici gli incentivi all’acquisto di auto elettriche “hanno funzionato male”. In assenza di una netta inversione di direzione, dicono, “rischia di essere irrimediabilmente compromessa la prospettiva industriale e occupazionale. Sono indispensabili urgenti interventi sulle scelte strategiche del settore da parte dell’Ue, mirate politiche industriali da parte del Governo e impegni industriali seri e coraggiosi da parte di Stellantis e delle aziende della componentistica”. La triplice chiede inoltre all’Europa di “imprimere più forza ai cambiamenti tecnologici, accompagnando la transizione con un serio e deciso piano di salvaguardia occupazionale. Il Governo deve dare concretezza al confronto iniziato più di un anno fa al Mimit. È necessario che, oltre al confronto in corso con Stellantis e agli impegni già presi, si attui un piano strategico con azioni mirate anche per le aziende della componentistica”. L’esecutivo “deve mettere a disposizione risorse pubbliche, vincolate a precisi impegni di tenuta occupazionale da parte delle imprese - aggiungono - risorse che non devono essere limitate agli incentivi per l'acquisto di auto, i quali, tra l’altro, nel 2024 non hanno dato benefici alle produzioni nel Paese”.

Guardando al report sul gruppo Stellantis, i dati della produzione nei primi sei mesi, dopo tre anni di crescita segnano un’inversione di tendenza negativa rispetto al semestre dell’anno precedente, con una quantità tra auto e furgoni commerciali di 303.510 veicoli contro le 405.870 del 2023 (-25,2%). La produzione di autovetture – si legge – segna un -35,9%, pari a 186.510 unità, mentre quello relativo ai veicoli commerciali evidenzia una crescita del 2% raggiungendo una quota di 117.000 unità”. In Italia si prospetta una produzione, entro fine anno, di poco superiore ai 500mila veicoli, ben al di sotto del milione di auto promesse da Carlos Tavares. Sono in rosso tutti gli stabilimenti, tranne Pomigliano e Atessa, dove comunque rallenta la crescita. Tra le situazioni più difficili c'è quella di Mirafiori: fino a settembre - spiega la Fiom - sono state prodotte 18.500 auto contro le 52.000 dello stesso periodo del 2023, l’83% in meno e la carrozzeria è ferma fino all'11 ottobre. La Fim chiede a gran voce “nuovi investimenti per tutelare i lavoratori” di Stellantis e dell'indotto, e per scongiurare il rischio di licenziamenti che “potrebbe investire circa 25mila lavoratori”.

Il piano industriale, a partire da Stellantis, “dovrà prevedere missioni produttive sufficienti a saturare tutte le fabbriche, nonché investimenti negli enti di ricerca e più in generale negli enti centrali - concludono - per quanto riguarda la catena della componentistica sono molteplici le vertenze approdate al tavolo del Mimit, molte anche non metalmeccaniche, oltre al problema di tutte quelle imprese di piccole o piccolissime dimensioni che già hanno chiuso. Si registra inoltre il progressivo trasferimento delle produzioni della componentistica verso altri paesi europei ed extraeuropei. Inoltre, gli ammortizzatori sociali stanno terminando. Bisogna aumentare il numero dei veicoli prodotti nel Paese. Queste sono le ragioni per le quali siamo impegnati a mettere in campo una forte mobilitazione nel Paese. Una mobilitazione partecipata e unitaria, come già avvenuto nei mesi scorsi a Melfi, Torino e Termoli”.