RIFORME

L’Autonomia procede solo al nord, Province zoppe (e squattrinate)

Calderoli giura che la riforma va avanti e che sui Lep "non decideranno i tecnici", ma può solo rivendicare la sponda del Piemonte e delle altre Regioni settentrionali. Agli enti "fantasma" dopo la Delrio mancano i soldi per risorgere

C’è solo il blocco del nord a dare soddisfazione al ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli. L’Autonomia differenziata, approvata a metà giugno di quest’anno, per entrare davvero in vigore, avrà bisogno di definire i livelli essenziali di prestazioni e sulla sua reale applicazione si moltiplicano gli ostacoli, non solo da parte delle opposizioni che con la richiesta referendaria puntano ad affossarla. Com’è noto, pure in seno alla maggioranza si registrano più di un distinguo. Ma Calderoli guarda al bicchiere mezzo pieno, e assicura che mentre si sta lavorando ai Lep, l’Autonomia differenziata va avanti. “Vorrei confermare che l’orientamento del Governo è quello di portare avanti in parallelo e in maniera coordinata e armonica il procedimento di attuazione del federalismo fiscale, dei livelli essenziali e del regionalismo differenziato. Quella del Governo – ha spiegato in ministro in audizione davanti alla commissione sul federalismo – è una visione unitaria del Titolo V Cost., senza fare delle gerarchie di priorità fra le norme costituzionali, il cui unico effetto sarebbe quello di rinviare sine die l’attuazione costituzionale sia del regionalismo differenziato sia del Titolo V Cost. più in generale”.

Piemonte, Liguria, Lombardia e ovviamente il Veneto hanno infatti chiesto di cominciare il negoziato sulle materie non interessate dai Lep. I leghisti non vogliono cedere sulla propria legge bandiera, utile anche a rappacificarsi con la vecchia base del nord che un Matteo Salvini in versione nazional-sovranista ha trascurato, ma che si è rivelata alle ultime europee l’unica parte dove la Lega supera il 10% e resta saldamente terzo partito. Anche in Piemonte la casella dell’Autonomia è in mano a un leghista, l’assessore Enrico Bussalino che assieme al governatore forzista Alberto Cirio si è fiondato a chiedere le nove materie già a disposizione delle Regioni, tra cui i rapporti con l’Ue, commercio estero, protezione civile e deleghe su casse di risparmio, rurali e credito agrario.

Così Calderoli ha potuto fregiarsene di fronte alla commissione, anch’essa in mano al Carroccio tramite il deputato Alberto Stefani, ma non ha potuto eludere il nodo del contendere, ovvero la definizione dei Lep di cui non si vede la fine. Ne ha approfittato però per smentire le notizie sul ruolo sul Clep, il collegio tecnico guidato da Sabino Cassese che avrebbe avuto intenzione di definire i Lep sul costo della vita di ogni Regione. Irritato dalle notizie su un ruolo troppo ingombrante dei tecnici, li ha rimessi al loro posto: “La definizione dei fabbisogni standard spetta alla politica e non al Clep".

Intanto, mancano i soldi per ricostituire le Province, in perenne attesa di restaurazione dopo la bocciatura della legge Delrio tramite referendum nel 2016. Per gli enti boccheggianti “sussiste tuttora un deficit di risorse” per "l'esercizio delle funzioni fondamentali” che dovranno tornare a svolgere. Ma il ministro ci ha tenuto a tranquillizzare la commissione federalismo: “Molto lavoro è stato svolto sulla determinazione dei fabbisogni standard delle Province e delle città metropolitane, grazie al lavoro della Commissione tecnica per i fabbisogni standard”. Finché non c’è nulla da decidere perché mancano i soldi, i tecnici vanno bene eccome.

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