POLTRONE & SOFÀ

Mina Rai, salta in aria il campo largo.
Avs si vota a Conte e scarica Schlein

Mentre Pd e renziani salgono sull'Aventino, l'ex premier inciucia con Fratoianni e Bonelli (e Meloni) per portare in cda l'ex portavoce di Boldrini, Natale e confermare Di Majo. La maggioranza blinda Frangi. Scambio di accuse a sinistra. Borghi (Iv): "Vince la linea Travaglio"

Parafrasando Maurizio Gasparri, “tutto è andato secondo le previsioni”. La Camera ha eletto Federica Frangi e Roberto Natale in consiglio di amministrazione Rai e il campo largo è esploso su un’altra mina. L’esito del voto a Montecitorio è stato di 174 preferenze per Frangi e 45 per Natale: sull’Aventino Pd, Azione e Italia viva mentre il Movimento 5 stelle si è presentato in aula per votare, assieme ad Avs, il candidato proposto da Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Se infatti Frangi è espressione della maggioranza, la novità di questa votazione è il nome di Natale, ex sindacalista Usigrai, ex portavoce di Laura Boldrini, candidato (bocciato) alle elezioni e ora componente del cda di viale Mazzini in rappresentanza delle opposizioni, votato solo da un’inedita alleanza rosso-verde-gialla. La chiusura del cerchio arriva dal Senato dove l'ex primo ministro incassa la riconferma per Alessandro Di Majo mentre la maggioranza si compatta su Antonio Marano (area Lega). Nella stessa mattinata il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha invece indicato Simona Agnes (espressione di Forza Italia) e Giampaolo Rossi.

“Il Pd è rimasto sulla posizione che era di tutte le opposizioni fino a ieri, dovete chiedere ad altri perché hanno cambiato posizione” se la prende la segretaria del Pd Elly Schlein, in Cassazione per la consegna delle firme sul referendum contro l’Autonomia differenziata. “Noi rimaniamo dell’idea che sia sbagliato rinnovare un cda che sostanzialmente è già fuorilegge, perché è già in vigore il Media Freedom Act. Giorgia Meloni sarà l'ultima premier che procederà alla lottizzazione della Rai”. Di certo non è la prima. “Ieri la maggioranza ha chiarito che questo cda è votato per durare tre anni, che vuole dire che diversamente da quello che tutte le opposizioni fino a ieri hanno sostenuto, si rischia di rimandare al duemilamai la riforma della governance Rai per renderla indipendente da politica e partiti”.

“Noi siamo stati coerenti sulla Rai” replica Giuseppe Conte che già ipoteca la direzione di Rai News. Siamo con Avs, non capisco la decisione del Pd. Il cda del servizio pubblico deve essere presidiato dalle forze di opposizione. La spaccatura c’è stata da parte del Pd insieme a Matteo Renzi”. Insomma, anche questa volta è colpa di Renzi. Ancor più sfacciata è Barbara Floridia, secondo la quale il sacrificio del M5s deriva dalla necessità di “impedire che il cda fosse privo di forze d’opposizione”.

Durissimo il senatore di Italia Viva Enrico Borghi secondo cui il voto di oggi rappresenta “il successo della linea di Marco Travaglio che nel suo recente afflato meloniano (forse corroborato dall’obiettivo del salvataggio da parte della Rai - e a spese di tutti noi - della società editrice del Fatto Quotidiano grazie all’acquisto di Loft Tv la piattaforma multimediale e tv del giornale che non riceve alcun finanziamento pubblico, o ai 305mila euro pagati per mandare in onda La Confessione di Peter Gomez, chissà...) riesce nel triplete da lui agognato”. Ed ecco i tre obiettivi di Conte secondo l’esponente renziano: “Primo: il soccorso da parte dei 5 Stelle, in stile Settimo Cavalleggeri, ad una Meloni che cominciava ad avere qualche ansietà visto che nelle trattative interne alla maggioranza i conti non tornavano al punto da far slittare a settembre un rinnovo che si sarebbe dovuto fare in primavera. Secondo: un colpo non banale a Forza Italia, che a questo punto vede seriamente pencolare l’ipotesi di Simona Agnes alla presidenza. Terzo: una botta a Elly Schlein, della quale il duo Travaglio-Conte non vuole riconoscere la leadership dell’opposizione”.

A indicare la linea è Gasparri di Forza Italia: “Per la Rai tutto procede secondo le mie previsioni. Si applica la legge vigente, eleggendo un nuovo Consiglio, poi si apre la discussione in Parlamento sugli assetti futuri che riguardano tutta la galassia delle comunicazioni e si valuterà se un clima concorde in Commissione di Vigilanza ci consentirà di tenere degli stati generali sui temi che stanno a cuore a tutti noi”. Un percorso che conferma i timori di Schlein: “Nel duemilamai avremo la riforma”. I suoi compagni di viaggio, intanto, hanno ottenuto lo strapuntino. 

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