ACCADEMIA

L'Università boccia il rettore.
Resa di Geuna sullo Statuto

Il Magnifico alza bandiera bianca. Davanti al cda ammette la sconfitta: "Ci penserà chi verrà dopo di me". Almeno dieci dipartimenti hanno dato parere negativo. Tra occupazioni e sconfessioni, finisce un mandato non brillante alla guida dell'Ateneo di Torino

Alla fine il rettore ha alzato bandiera bianca. Anche la seconda versione del nuovo Statuto d’ateneo non vedrà mai la luce. Bocciato per due volte da un numero crescente di dipartimenti, con il Consiglio di amministrazione che a definirlo scettico si usa un eufemismo e un Senato accademico mai così diviso, Stefano Geuna non ha potuto far altro che riporre nel cassetto la nuova Carta dell’Università di Torino, promessa a studenti e docenti in campagna elettorale. “Se ne occuperà chi verrà dopo di me” è stato il suo laconico commiato durante la seduta di questa mattina. Il parlamentino accademico di domani non potrà far altro che prenderne atto.

Era stato proprio il cda, nelle ore immediatamente precedenti la riunione di oggi a comunicare con una lettera informale al rettore quanto fosse perigliosa la strada intrapresa: cinque componenti su dieci erano pronti a votare contro; Geuna avrebbe dovuto convincere gli altri cinque e far pesare il proprio voto per assicurarsi la maggioranza. Qualcosa più che una forzatura.

Sul nuovo Statuto il Magnifico di via Verdi ha ricevuto critiche da destra e sinistra. L’esautorazione dell’apposita commissione, da lui stesso costituita nel maggio 2022, aveva aperto una faglia con il Coordinamento di Unito. Mortificate le richieste dei precari dell’ateneo che chiedevano maggior peso nel voto ponderato su rettore, organi centrali e consigli di dipartimento. Nel febbraio 2023 si dimettono in sei e di fatto da quel momento Geuna ha iniziato a procedere da solo. Anche la giurista Anna Poggi, oggi presidente della Fondazione Crt, sulla quale contava sia per la sua competenza professionale sia per l’autorevolezza all’interno dell’università, è saltata giù dalla nave, lasciando la commissione. Così, la prima bozza riceve il parere sfavorevole di otto dipartimenti, la seconda versione viene bocciata addirittura da dieci (Studi umanistici, Filosofia, Psicologia, Matematica, Cps, Economia e statistica, Giurisprudenza, Veterinaria, Fisica e Farmacia).

Nel merito, il nuovo statuto, oltre a una serie di – talvolta stucchevoli – concessioni a una parità di genere lessicale (“il/le”, “rettore/rettrice”) non ha modificato in modo sostanziale gli attuali rapporti di rappresentanza tra dirigenti, precari e personale amministrativo. Limitandosi, piuttosto, a intervenire sull’organizzazione dei dipartimenti, aumentando il potere del direttore e riducendo sensibilmente quello del Consiglio. A poco sono serviti anche i riferimenti ai principi di  “sostenibilità ambientale, sociale, economica” che l’ateneo dovrebbe promuovere, addirittura attraverso un’apposita “Carta di Impegni per la Sostenibilità”. E poi la “cultura della pace e della legalità”, la promozione della “diversità di genere nelle candidature e negli organi collegiali centrali e ausiliari di Ateneo” e “l’uso di un linguaggio non discriminatorio e rispettoso delle differenze di genere in tutte le comunicazioni istituzionali”. Studenti e docenti volevano l’arrosto, il rettore ha dato loro solo il fumo. Si aggiungano alcuni “orrori formali” su cui ha tanto indugiato Giurisprudenza (che nota anche una difformità nella denominazione dell'Ateneo che, all'articolo 1 dell'attuale Statuto è l'Università di Torino, mentre ) nel suo parere ed ecco che la frittata è fatta.

Tra le curiosità, non solo formali, legate all’attuale Statuto spicca anche un problema di denominazione giacché, come notano i giuristi, “alla versione dello Statuto disponibile online (…) è anteposto il sigillo originario e la denominazione Università degli Studi di Torino. Tuttavia l’articolo 1 inquadra, poi, l’Ateneo quale Università di Torino”. Dizione, quest’ultima, che compare anche nel logo ufficiale modificato nel 2022 mentre in precedenza accanto al logo registrato nel 2001 campeggiava la versione estesa.

 

All’interno della Commissione Statuto, poi deflagrata, c’era anche Alessandro Barge di Farmacia, uno dei cinque del consiglio di amministrazione che hanno voltato le spalle a Geuna in asse con il giurista Piercarlo Rossi e la componente esterna, l’ex senatrice dei Ds Chiara Acciarini. Il pollice verso dei rappresentanti degli studenti – Sofia Aceto e Jacopo Tealdi – è risuonato come de profundis per il rettore.

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