Alla larga dal Pronto Soccorso. Sempre meno futuri specialisti
Stefano Rizzi 07:00 Sabato 28 Settembre 2024Meno di un posto su tre assegnato nella specializzazione in Emergenza e Urgenza. Prospettiva allarmante per i prossimi anni (e già siamo in allarme rosso). In Piemonte dati contrastanti: bene all'Università di Torino, pochissime domande all'Upo
Più che poco attrattivo, il lavoro in Pronto Soccorso appare ormai respingente. I dati delle iscrizioni ai corsi di specializzazione non lasciano dubbi: assegnato meno di un posto su tre nei corsi in Emergenza e Urgenza. Con solo un 30 per cento delle borse di studio assegnate e un crollo verticale delle richieste per l’anno accademico 2024, la prospettiva per i prossimi anni è forse peggiore di quella prevista senza indulgere all’ottimismo. Dei 1.020 posti disponibili in tutti gli atenei del Paese ne saranno coperti soltanto 304, di cui bisogna poi metterne in conto un’ulteriore riduzione per fisiologici abbandoni.
Un abisso rispetto alle specialità che, ancora una volta, si confermano più ambìte e per le quali non si fa alcuna difficoltà ad occupare tutti i posti, lasciando fuori anzi non poche domande. Non stupisce di vedere ancora una volta il tutto esaurito nei corsi di chirurgia plastica, dermatologia, endocrinologia, malattie dell’apparato cardiovascolare, oftalmologia, pediatria e giù a scendere ma sempre con percentuali assai lontane da quelle che segnano la specialità oggi, ma anche in prospettiva, più richiesta ma, appunto meno ambìta.
Un dato che in Piemonte presenta due facce opposte. All’Università di Torino appare in controtendenza e comunque decisamente molto più elevato rispetto alla media nazionale con 34 posti di Emergenza e Urgenza assegnati su 48 pari al 71 per cento, posizione seconda solo a Bologna che registra il 74 per cento. Passando all’Università del Piemonte Orientale, invece, il dato precipita al 15 per cento con solo 4 posti coperti si 27. Uno scenario, quello decisamente differente e forse non spiegabile solo da questioni geografiche che, senza dubbio, meriterebbe un’analisi approfondita anche alla luce della crescente necessità che il sistema sanitario piemontese, come gli altri peraltro, presente di questo genere di specialisti.
Nessuno sbocco nell’attività privata, una carriera ad oggi tutta proiettata nella prima linea degli ospedali, situazioni di lavoro più complesse rispetto a molti (se non tutti gli altri) reparti, portano a ridurre sempre più non solo il numero di medici già specializzati a lavorare nei Pronto Soccorso, ma proprio i giovani laureati a tenersi lontano da questa branca della medicina.
Uno scenario nazionale che non stupisce, viste le premesse. Lo conferma la “preoccupazione e amarezza” espressa dal sindacato dei giovani medici di Anaao-Assomed. “A nulla è valsa la campagna del ministero della Salute per sensibilizzare gli aspiranti specializzandi a scegliere Emergenza e Urgenza”, ricordano con una certa rassegnazione.
"Davanti a questi dati incontrovertibili l’unica soluzione – per il sindacato che ha analizzato e resi noti i dati – è riformare la formazione medica postlaurea, archiviando l’impianto formativo attuale con un contratto di formazione lavoro istituendo i learning hospital, con specializzandi che hanno i diritti e i doveri dei dirigenti medici in un contratto incardinato nel contratto nazionale con retribuzione e responsabilità crescenti. Una soluzione – aggiungono i giovani medici di Anaao – che stranamente non comporta un aumento di spesa perché abolirebbe non il numero chiuso ma la figura dei gettonisti, costati all’erario pubblico ben 1,7 miliardi di euro dal 2019 al 2023, e risolvere le ormai incancrenite criticità dei Pronto Soccorso”.
Ma ce n’è anche per il mondo accademico, chiamato duramente in causa anche perché al netto delle specialità che da sempre coprono tutti i posti disponibili, il dato complessivo raffigura un Paese dove ben il 25 per cento delle borse non viene assegnato con 11392 posti sui 15256 messi a disposizione. E quella percentuale di mancate assegnazioni è destinata ulteriormente a crescere al momento delle effettive immatricolazioni e poi ancora per gli abbandoni.