RETROSCENA

Tajani frena Cirio (e Salvini). Duello tra vice in Forza Italia

La sconfessione sull'Autonomia del vicepremier è una doccia gelata per il governatore piemontese che appena rieletto aveva pigiato sull'acceleratore. Un punto a favore del collega calabrese Occhiuto, l'altro galletto del pollaio azzurro. L'ombra della famiglia Berlusconi

Una fuga in avanti sulla strada dell’Autonomia differenziata stoppata nientemeno che dal segretario del suo stesso partito. Alberto Cirio tra i primi atti del secondo mandato alla guida del Piemonte aveva chiesto di aprire la negoziazione con il Governo una di una serie di materie non vincolate ai Lep ma i veti espressi da Antonio Tajani lo costrigono ora a un repentino dietrofront. “Nessun margine di azione”, la risposta del leader di Forza Italia, in questo caso intervenuto come ministro degli Esteri, al collega leghista Roberto Calderoli, titolare degli Affari Regionali e padre della riforma che gli aveva chiesto un confronto sulle competenze da devolvere da parte della Farnesina. Materie chieste da quattro Regioni, ovvero VenetoLombardiaLiguria e per l’appunto il Piemonte governato da uno dei suoi vicesegretari.

È innegabile che la linea imboccata da Cirio, plaudita dalla Lega con dichiarazioni entusiastiche del segretario regionale Riccardo Molinari, sia entrata in rotta di collisione con quella enunciata e ribadita da Tajani. Così quelle deleghe da trasferire richieste dal quarantesimo piano del grattacielo del Lingotto su commercio estero, cooperazione internazionale e rapporti con l’Unione Europea adesso sono un problema politico, ancor prima che nel rapporto tra Regione e Governo. Non certo un fulmine a ciel sereno, visto che prima del niet a Calderoli, Tajani aveva già sostenuto la tesi della definizione dei Lep come condizione preliminare per definire pure quelle materie che esulano dai livelli essenziali di prestazioni. 

Ampiamente prevedibile la reazione furiosa di Calderoli alla risposta di Calderoli, meno prevedibile cosa accadrà adesso tra Tajani e Cirio, in particolare per quanto riguarda gli assetti al vertice di Forza Italia. Finendo magari per dare il largo all’altro governatore-vicesegretario, il calabrese Roberto Occhiuto, ovvero il principale antagonista per le ambizioni nazionali del presidente langhetto. Esponente di spicco di quel sud azzurro che rappresenta il vero granaio elettorale. Occhiuto anche grazie ai suoi trascorsi da capogruppo a Montecitorio conta su una rete di relazioni e contatti decisamente più forte e strutturata rispetto a quella che il suo omologo piemontese va pian piano incrementando con costanti presenze negli uffici del partito nella Capitale.

Una trappola in cui Cirio si è infilato da solo, anzi con il convinto aiuto della Lega, e dalla quale ora non sarà facile, ma certo non impossibile, cavarsi fuori. Un’arte, quella del funambolismo politico, di cui il governatore non difetta, ma che si renderà oltremodo utile in questo frangente. Tanto più in prospettiva, considerando le evoluzioni che potrebbero presto interessare Forza Italia, dove la voce dei figli del fondatore si fa sempre più alta e nessuno esclude più la discesa in campo di uno dei due eredi (Pier Silvio, difficilmente Marina). Un partito capace di intercettare l’elettorato moderato ma non nostalgico e revanscista, aperto alla modernità e ai diritti civili e soprattutto non appiattito su Giorgia Meloni e men che meno su Matteo Salvini. Tratti che, sulla carta, sono nelle corde di Cirio cui, semmai, è possibile rimproverare un eccesso di prudenza e piacioneria di chi rifugge le decisioni scomode.

Un rimediabile incidente di percorso per Cirio, nessuno nutre dubbi. Certo una situazione non ottimale, soprattutto se vista nella prospettiva di un futuro per lui sempre più pesante nello scenario politico nazionale e, dunque, del partito. Tanto più se sul fronte avverso, rispetto alla questione dell’autonomia, c’è proprio una figura come quella di Occhiuto. Per provare a comprendere quali i pesi e le posizioni future dei due attuali vicesegretari nel partito potrà giovare anche osservare e, appunto, pesare le rispettive presenze nel talk show, ormai termometro per ascese e discese. A dire la sua su queste presenze pare sarà Niccolo Querci, tra i golden boy di Publitalia degli inizi, poi capo segreteria di Silvio Berlusconi, oggi ascoltato consigliere del figlio e di Mediaset. Nei suoi appunti ci sarà il nome di Cirio? Forse con un asterisco. 

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