SANITÀ

I baroni se ne fregano di Schillaci. Medici specializzandi sotto ricatto

Le Università impongono gli esami (esclusi per decreto) ai giovani professionisti che lavorano in ospedale. Solo in Piemonte sono oltre 400. L'ombra pesante dei potentati accademici per la conservazione del potere. Il sindacato Anaao diffida gli atenei

Medici specializzandi tra l’incudine e il martello. E un governo dove in ministeri sembrano non interloquire tra loro, andando ciascuno sulla propria strada col risultato non di risolvere i problemi della sanità, bensì di accentuarli. Non fosse vera, questa storia apparirebbe incredibile. Invece è la storia che coinvolge migliaia di giovani medici, gli ospedali dove essi lavorano riducendo un po’ la ormai cronica fame di camici bianchi ed è anche la storia non solo dei ministeri che non si parlano, ma anche di quei potentati universitari che pur non venendo più definiti baronie come un tempo, sembrano continuare spesso ad atteggiarsi come tali.

Il caso esplode con una circolare del Miur, in cui si invitano i direttori delle scuole di specializzazione a sottoporre agli esami per la promozione all’anno successivo anche a quei medici che, grazie al decreto Calabria, sono stati assunti a tempo determinato dai sistemi sanitari delle Regioni e svolgono il loro servizio negli ospedali, alleviandone la grave carenza di personale.

Un numero notevole di professionisti quello che ha risposto all’appello, basti pensare che solo in Piemonte sono oltre 400. Nel loro contratto, anzi addirittura nel decreto che ha reso possibile la loro assunzione, è previsto e scritto chiaramente che l’esame per il passaggio di anno è sostituito da un giudizio del primario da cui dipendono. Forse il sistema migliore per valutare l’operato e la formazione dei giovani medici nella branca da loro scelta. Ma non è questo il punto. Lo è, invece, quella aperta contraddizione tra quanto disposto dal ministero della Salute, messo nero su bianco nella norma e ciò che invece il dicastero dell’Università e della Ricerca ha pensato, non bene, di scrivere nella circolare che alimenta forti dubbi sulla sua origine e sull’ispirazione giunta dagli atenei e, in particolare, dalle scuole di specializzazione. 

È noto come queste ultime con i loro direttori non abbiano visto di buon occhio fin dall’inizio quella “cessione” dei loro specializzandi al sistema sanitario, preferendo avere quell’esercito di professionisti ai loro ordini e al servizio delle strutture universitarie piuttosto che a quello degli ospedali, nonostante la carenza di camici bianchi. Presentarsi agli esami come richiesto dall’Università o rispettare la norma e affidare la valutazione del proprio operato al direttore della struttura ospedaliera? La sensazione che pervade gran parte degli specializzandi, da nord a sud, è quella di correre il serio rischio di finire sotto ricatto. La conferma arriva dal sindacato Anaao-Assomed che continuando a ricevere allarmate richieste dai giovani medici ha inviato, insieme all’Associazione liberi specializzandi e al Giovani medici per l’Italia, una diffida a tutte le Università del Paese. 

“I direttori delle scuole stanno convocando i medici specializzandi assunti con il decreto Calabria per lo svolgimento dell’esame orale – scrive il sindacato -  in molti dei casi con annesse minacce più o meno velate per punire questi giovani professionisti che, per essere assunti, hanno osato lasciare la scuola di specializzazione in cui troppe volte sono dei tappabuchi, svolgendo attività ripetitive, demansionanti e poco formative”.

La rappresentanza sindacale dei medici ospedalieri si dice “pronta a portare in tribunale tutte le università e i professori che non solo faranno sostenere l’esame, ma avranno l’ardire di punire lo specializzando con un voto basso e peggio ancora la bocciatura. In questo caso – avvertono i sindacalisti – oltre alla denuncia intraprenderemo anche un’azione per il risarcimento dei danni”. 

Un braccio di ferro dall’esito incerto, quello che ormai si consuma sulla pelle degli specializzandi, ma non dimeno su quella dei pazienti viste le conseguenze che si potrebbero produrre “non solo su coloro che attualmente prestano servizio grazie al decreto Calabria – spiega Chiara Rivetti, segretario di Anaao-Assomed per il Piemonte, regione dove le convocazioni per gli esami sono già partite da entranbi gli atenei – ma non di meno sugli altri specializzandi che, in questo clima e con queste incertezze, potrebbero essere indotti a rinunciare ad andare a lavorare negli ospedali”. 

print_icon