Interdittiva antimafia a Cogefa, cantieri (e 1.200 posti) a rischio. Regione: "Commissariamento"
17:11 Giovedì 17 Ottobre 2024Una misura discutibile, basata sul principio del "più probabile che non", con ricadute che vanno ben oltre l'azienda. Cirio fa quello che forse avrebbe dovuto fare il prefetto. La società intanto ricorre al Tar: "Noi vittime, difenderemo la nostra reputazione"
Una misura che rischia di mandare a gambe all’aria un’azienda, tra gli ultimi “colossi” del settore in Piemonte con 400 dipendenti diretti e 1.200 complessivi, e fermare alcune opere strategiche. L’interdittiva antimafia che ha colpito la Cogefa, finita nel mirino dell’inchiesta della Dda di Torino sulle presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta, suscita grandi preoccupazioni per le ricadute che un simile provvedimento – già oggetto di critiche per la sua natura giuridica preventiva e presuntiva, fondandosi su un principio a dir poco aberrante del “più probabile che non” – inevitabilmente ha sulla continuità aziendale, sull’occupazione e sulla realizzazione dei lavori.
Questioni che dovrebbero essere tenute di gran conto prima di irrorare una misura così “impattante”, a iniziare da chi – come la Prefettura – è il soggetto titolato a emanare il provvedimento e che può, ad esempio, in via alternativa disporre il commissariamento dell’azienda sospettata di condizionamenti mafiosi. A porsi il problema è oggi la Regione Piemonte che, a partire dall’andamento dei cantieri del Tunnel del Tenda (Cogefa fa parte del consorzio Edilmaco incaricata dei lavori), chiede il commissariamento. “Questa mattina abbiamo avuto interlocuzioni con la Prefettura di Torino e con il commissario Prisco e ne è emerso che il provvedimento di interdittiva prevede questa possibilità – spiegano il governatore Alberto Cirio e l’assessore ai Trasporti Marco Gabusi –. Per questo abbiamo chiesto ad Anas, che è la stazione appaltante, di valutarla per garantire continuità ai lavori al fine di rispettare la tempistica di apertura del tunnel a fine anno, così come era stato comunicato alla Regione, alla Provincia e agli enti locali nel mese di agosto”. Ma Cogefa è anche coinvolta nel sito di valorizzazione dei materiali di scavo della nuova linea ferroviaria Torino-Lione di cui è in corso la progettazione esecutiva: “su tutti questi appalti opera l’organo di vigilanza binazionale che oltre all’Italia include anche gli organi di controllo del governo francese”.
Nell’istruttoria che ha portato al mancato rinnovo dell’iscrizione dell’azienda nella cosiddetta “white list” delle aziende non sospettate di condizionamenti mafiosi vengono enumerate situazioni diverse, anche molto lontane nel tempo, in alcuni casi neppure acclarate da condanne, e relative a famigliari che da tempo non hanno più rapporti con la società: vicende che comproverebbero presunte contiguità tra la dirigenza dell’impresa ed esponenti della criminalità calabrese. Del fondatore, Teresio Fantini, morto 18 anni fa, vengono evidenziati in particolari i rapporti con Giuseppe Pasqua, soggetto definito “ben introdotto nell'ambiente ‘ndranghetista del Torinese e operante a Brandizzo”. Nonché condannato nel 1982 per omicidio e oggi indagato per associazione mafiosa nell’operazione Echidna. I figli di Teresio, Roberto e Massimo, vengono inoltre ricollegati ad Antonio Esposito, detto Tonino, precedenti penali per usura in concorso con Rocco Lo Presti, boss di primissimo piano degli anni ’80 in Val di Susa, alle cronache come “il ras di Bardonecchia”, e con Luciano Ursino, esponente della ’ndrangheta legato alla cosca Mazzaferro-Ursino di Marina di Gioiosa Ionica. Esposito avrebbe avuto incarichi di guardiania nei cantieri e altre commesse lavorative. A fondamento del provvedimento interdittivo figurano anche i rapporti tra la famiglia Fantini e l’imprenditore Gian Carlo Bellavia, attualmente agli arresti domiciliari per concorso eterno in associazione mafiosa, sempre nell'operazione Echidna. Sotto la lente anche i rapporti tra clienti e fornitori: in particolare, tra quattro società riconducibili – m sempre per gli investigatori – alla famiglia Fantini (Cogefa, Trama, società agricola La Teresina e consorzio Edilmaco) e alcune imprese attenzionate dalla Prefettura.
Cogefa impugnerà il provvedimento di interdizione “per difendere la nostra reputazione” e ha intanto fatto domanda al Tar di sospensiva del provvedimento per garantire il proseguimento dei lavori sui cantieri. E si definisce semmai “vittima”. Per la società “la misura si fonda su contatti occasionali avvenuti in passato tra Cogefa Spa e imprese attualmente sottoposte a provvedimenti antimafia, emersi nell’ambito di un’indagine recentemente condotta dalla Procura della Repubblica di Torino, dalla quale né Cogefa Spa né alcuno dei suoi dirigenti o amministratori risultano coinvolti o indagati. Si precisa che le predette imprese, al tempo degli eventi contestati, risultavano regolarmente iscritte nelle white list gestite dalle Prefetture di competenza, requisito imprescindibile per l’ammissione all’albo fornitori di Cogefa Spa. È altresì importante sottolineare che gli importi dei lavori a loro assegnati hanno rappresentato una quota infinitesimale, rispetto al fatturato complessivo di Cogefa Spa nel periodo in questione. Cogefa Spa, nel ribadire l’impegno a proseguire con la massima trasparenza e collaborazione nei confronti delle autorità competenti, assicura di aver già avviato tutte le azioni necessarie per impugnare il provvedimento emesso dalla Prefettura e richiederne la sospensiva presso il Tribunale amministrativo regionale, al fine di difendere con fermezza il proprio operato, la propria reputazione e il futuro dei propri dipendenti e collaboratori, nonché di garantire la piena continuità delle attività aziendali e la corretta esecuzione delle commesse in corso. Allo stato non è possibile per la società valutare correttamente l’impatto che tale misura potrà comportare”.