SANITÀ & POLITICA

Task force della legalità, dopo il generale dubbi pure sull'ex pm

Governatore e assessore convocati in commissione per il neonato pool. Rossi (Pd): "Quali i criteri delle scelte e la cornice giuridica?". Dopo il caso dell'ufficiale della Fiamme Gialle, la questione di opportunità anche per Rinaudo la cui moglie è indagata nell'inchiesta Molinette

Oltre al generale in pensione c’è anche l’ex magistrato a fare del gruppo di contrasto all’illegalità sugli appalti dei futuri ospedali del Piemonte una fonte di problemi e imbarazzi, ancor prima che uno strumento contro le infiltrazioni malavitose in un affare da 4 miliardi e mezzo. Quando ancora non sono affatto sopite le polemiche e del tutto chiariti gli interrogativi sulla scelta dell’ex alto ufficiale delle Fiamme Gialle Giovanni Mainolfi, a capo di un’azienda colpita da interdittiva antimafia e di un’altra che opera proprio nel settore della sanità, dubbi e perplessità vengono alimentate da un altro componente del pool costituito dall’assessore Federico Riboldi, con il convinto e manifesto viatico del governatore Alberto Cirio.

La figura è quella di Antonio Rinaudo. Una lunga carriera da pm sul fronte dell’antiterrorismo e della galassia No Tav, poi consulente giuridico della Regione nel corso della lunga emergenza Covid, l’ex magistrato è il marito Andreana Bossola, in passato direttore amministrativo della Città della Salute e proprio per fatti che sarebbero avvenuti all’epoca, indagata insieme ad altri 25 dirigenti succedutisi negli ultimi dieci anni in corso Bramante, nell’inchiesta sui bilanci e sulla gestione dell’intramoenia.

Un’inchiesta della quale i magistrati hanno da poco concluso le indagini e in cui la Regione, lo stesso ente che ha ingaggiato l’ex magistrato, è parte lesa. Ad oggi non paiono esservi ragioni giuridiche di un’incompatibilità tra il ruolo affidato all’ex pm e lo status di indagata della moglie in un’inchiesta il cui prosieguo processuale potrebbe attestare o meno i fatti contestati e, prima ancora vedere la Regione costituirsi parte civile. C’è, però, come già per il generale della Finanza, una questione di opportunità che si va facendo sempre più evidente. Ormai è chiaro a tutti, incominciando da chi probabilmente ha sottovalutato alcuni aspetti, che quell’organismo presentato in pompa magna sabato scorso, al di là della sua efficacia e utilità, tutte da dimostrare, non può prestarsi al minimo dubbio, anche di pur solo fumose ipotesi, circa eventuali conflitti di interesse da parte dei suoi componenti. Questo, innanzitutto per la Regione e quindi per la cosa pubblica, ma anche per gli stessi profili dei quattro “civil servant” come li ha presentati Riboldi.

Non è un caso se, per nulla definita la vicenda relativa a Mainolfi che già ieri ha scatenato prese di posizione della politica e ha impegnato per tutta la giornata i piani alti regionali per trovare il modo uscire da una situazione complicata, della questione che attiene Rinaudo si stia ragionando con altrettanta attenzione. Come si è detto, l’ex magistrato che attualmente è anche al vertice del comitato etico di Città della Salute era stato chiamato da Cirio a far parte dell’unità di crisi e poi del Dirmei nella lunga emergenza pandemica. Il suo nome era poi circolato per un posto nel consiglio di indirizzo della Fondazione Crt, anche se poi quello scranno era saltato. Siede, invece, alla presidenza di un’altra fondazione, quella scientifica del Mauriziano la moglie che nell’ospedale di largo Turati era stata direttore amministrativo, dopo aver svolto il medesimo incarico alle Molinette, dove secondo l’accusa della Procura della Repubblica avrebbe compiuto i reati contestati nell’inchiesta in cui l’ex  dirigente è difesa nell’inchiesta dalla figlia Beatrice. Nel caso di Rinaudo, dunque, come in quello del generale della Guardia di Finanza la questione sul tavolo è quella che attiene all’opportunità, visto proprio il terreno comune della sanità in cui sono chiamati ad operare.

Intanto la politica, in questo caso le istituzioni regionali tiene in alto nell’agenda una questione che ormai è difficile negare appaia spinosa e, comunque, necessiti di rapida chiarezza. “Come vengono scelti i consulenti? Con quali atti sono stati nominati? Con quali obiettivi e dentro quale rapporto gerarchico? Come si rapporterà il gruppo con gli organismi della regione preposti al controllo di legalità e con gli altri consulenti delle altre stazioni appaltanti?”. Le domande sui criteri in base ai quali sono stati chiamati a far parte del gruppo l’ex prefetto Filippo Dispenza, l’ex generale dei carabinieri Franco Frasca e i già citati Rinaudo e Mainolfi, oltre ai quesiti sugli atti di nomina e la cornice giuridica in cui si dovranno muovere, sono anticipate dal presidente della commissione Legalità del consiglio regionale, Domenico Rossi, il quale ha chiesto a Cirio e Riboldi di riferire al più presto proprio dinanzi alla commissione stessa. 

Prevenire fenomeni di illegalità nell’ambito dell’edilizia sanitaria è certamente un obiettivo che condividiamo – premette l’esponente del Pd – ma ritengo importante che si faccia chiarezza su alcuni aspetti”.  La presa di posizione di Rossi, nella sua veste istituzionale, arriva meno di ventiquattr’ore dopo la nota del suo compagno di partito e di scranno a Palazzo Lascaris Daniele Valle. Da vicepresidente della commissione Sanità aveva manifestato perplessità e chiesto chiarezza in particolare sulla nomina del generale Mainolfi, considerata la sua presidenza di una società colpita da interdittiva antimafia e di una seconda al vertice di un’azienda che opera proprio nell’ambito della sanità. A Valle, il quale peraltro si era rivolto a governatore e assessore, aveva risposto a stretto giro l’ex comandante delle Fiamme Gialle del Veneto con una nota a tratti dai toni piccati e in cui si definiva strumentale la dichiarazione di Valle. 

“Si tratta di un dibattito, incluso quello aperto sugli incarichi del generale Mainolfi che non possiamo delegare solo ai media, ma che – sostiene Rossi – deve essere affrontato, nella massima trasparenza, all’interno delle istituzioni preposte, valutando non solo i profili di legalità, ma anche quelli di opportunità. Le risposte alle domande sollevate – aggiunge il presidente della commissione Legalità – non credo debbano arrivare dal generale, ma dal presidente Cirio e dall’assessore Riboldi, che sono certo risponderanno al più presto alla nostra richiesta di informativa”.

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