LEGGE & FINANZA

Meloni "stanga" le criptovalute: tassa al 42% sulle plusvalenze

La manovra incrementa di 16 punti l'aliquota delle criptovalute. Le altre rendite finanziarie restano al 26%. La protesta degli operatori: "Provvedimento fiscalmente discriminatorio". Si temono vendite massicce sui mercati

Brutte notizie per chi investe in criptovalute come i Bitcoin: dal governo arriva infatti la stretta fiscale sulle operazioni legate alla moneta digitale con l’aliquota dell’imposta sulle plusvalenze che sale dal 26 al 42 percento. Ad annunciarlo è stato questa mattina il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, nel corso della conferenza stampa sulla manovra 2025, dove sono state illustrate le misure approvate il 15 ottobre dal Consiglio dei ministri.

Dal 1° gennaio 2025, con l’entrata a regime della manovra approvata dal governo Meloni e ora all'esame del Parlamento, il prelievo sull’utile realizzato verrà maggiorato di 16 punti percentuali rispetto alla tassazione nell’attualità applicata alle rendite finanziarie. La misura coinvolgerà più di 3,6 milioni di italiani secondo l’Osservatorio Blockchain and Web 3 della School of Management del Politecnico di Milano, secondo i cui dati quasi un terzo di questa platea (il 32%) avrebbe effettuato gli acquisti su una Borsa di criptovalute, il 17% con un acquisto diretto mediante servizio di wallet, e il 38% in modo indiretto mediante servizi di trading tradizionali e app bancarie.

Negli ultimi anni – scrivono professionisti e studiosi del settore in una lettera aperta al Mef – il Governo italiano, i regolatori e le principali istituzioni finanziarie nazionali hanno investito molto nello sviluppo di infrastrutture digitali e progetti blockchain, riconoscendo il loro potenziale per migliorare l’efficienza, la trasparenza e la sicurezza dei processi economici. Aumentare drasticamente la tassazione sulle cripto-attività rappresenterebbe una contraddizione rispetto a questi investimenti e potrebbe vanificare anni di sforzi pubblici e privati per promuovere l’innovazione”. Non solo: “L’aumento dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze cripto al 42%, dal 26% usuale per le rendite finanziarie, sarebbe fiscalmente discriminatorio e quindi iniquo, probabilmente anche incostituzionale. Violerebbe, infatti, i principi più basilari di equità fiscale e di uguaglianza introducendo una distinzione tra gli investimenti diretti in cripto-attività, tassati al 42%, e gli investimenti indiretti tramite fondi d’investimento (Etf, Etp, Etc, ecc.) e strumenti derivati che rimarrebbero al 26%”. Da valutare ora il contraccolpo sui mercati. Tra i rischi collegati a questo provvedimento – se confermato dal Parlamento – c’è anche quello di una vendita massiccia delle criptovalute in portafoglio da parte degli investitori creando effetti distorsivi sul mercato.

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