Spettro tariffe sulle liste d'attesa.
Piemonte indaga sull'intramoenia
Stefano Rizzi 07:00 Martedì 29 Ottobre 2024
I tagli del nuovo nomenclatore sanitario rischiano di ridurre l'attività delle strutture accreditate, allungando ancor più i tempi per i pazienti. In consiglio regionale le opposizioni chiedono un'indagine sulla libera professione. I privati ascoltati in commissione
Il nomenclatore. Questo termine lo conosce solo chi pratica il vocabolario della sanità, ma i suoi effetti dal prossimo primo gennaio potrebbero conoscerli a loro spese – e mai come in questo caso la metafora coincide con la realtà – i pazienti. Un quasi infinito elenco di prestazioni – dalle visite specialistiche agli esami di laboratorio, dalle protesi agli interventi – con a fianco di ciascuna la cifra che le Regioni dovranno pagare alle strutture della sanità privata accreditata. Un tariffario, insomma, quello su cui da tempo si concentrano aspettative, critiche e timori che, non a caso, mesi fa hanno indotto il governo sulla spinta delle Regioni a procrastinare la sua entrata in vigore, spostandola dalla primavera scorsa all’inizio dell’anno venturo.
La questione, ancora una volta, sta nei tagli che in questo caso vengono definiti revisioni delle tariffe, ma il senso è quello e la conseguenza che si paventa, in assenza di interventi efficaci, si produrrà in maniera negativa e pesante anche su un problema di per sé già grave come quello delle liste d’attesa. Il rischio è che a fronte di prestazioni pagate meno, in alcuni casi molto meno, i medici delle strutture accreditate riducano la loro disponibilità, quelle visite e quegli esami che non saranno forniti dal privato finiscano per ingrossare ancor più le liste d’attesa. E in un circolo vizioso chi non vorrà o potrà aspettare si rivolgerà alla libera professione, in molti casi a quell’intramoenia che a questo punto finisce per intrecciarsi con quel nomenclatore con cui nulla, formalmente, avrebbe a che vedere.
Non è dunque un mero caso che anche ieri nel corso dell’audizione dei rappresentanti della sanità privata “pura” (ovvero non accreditata) nella IV commissione del consiglio regionale affrontando la questione dell’intramoenia svolta al di fuori delle strutture pubbliche sia entrato come possibile fonte di allarme pure il famigerato nomenclatore. E non che non manchino altri problemi.
“Ogni Asl, sull’intramoenia allargata, stabilisce regole farraginose e difficili da applicare. Per questo chiediamo che sia la Regione a stabilire criteri normalizzati, sia nei rapporti della normativa sia nei rapporti con noi”, ha spiegato Ugo Riba del Grisp, una delle sigle del privato. “Siamo disponibili a dialogare con la commissione – ha aggiunto – e con l’assessorato per avviare un processo che definisca la situazione”. E “regole più chiare” sono state richieste anche da Giancarlo Perla presidente di Aiop, così come da Paolo Marchi di Confindustria Piemonte che non ha mancato di rimarcare come “quando sono state scritte le regole di funzionamento del privato puro non è stato consultato nessun rappresentante degli imprenditori del settore”.
Richieste e osservazioni, quelle del privato, che potrebbero tornare con maggiori dettagli sul tavolo che il presidente della commissione, il leghista Luigi Icardi, si è detto disponibile ad apparecchiare “per valutare la situazione delle prestazioni in intramoenia allargata e formulare proposte anche sulla base di quanto avviene in altre regioni per omologare le modalità operative in Piemonte”. E qui la questione diventa più politica. Se sulla proposta dell’ex assessore, oggi a capo della commissione, i Fratelli d’Italia hanno chiesto di discutere nella prossima seduta, come anticipato dallo Spiffero nei giorni scorsi dalle opposizioni unite arriva la mozione per chiedere la costituzione formale di un gruppo di lavoro, in seno allo stesso organismo del consiglio regionale, “per dare corso a un’indagine conoscitiva sull’intramoenia e sulla sua applicazione in Piemonte”. A presentarla, insieme Cinquestelle, Stati Uniti d’Europa per il Piemonte e Avs, accanto alla capogruppo del Pd Gianna Pentenero è proprio il vicepresidente della commissione, il dem Daniele Valle.
“Occorre verificare come la normativa nazionale venga applicata in ciascuna azienda sanitaria e ospedaliera del Piemonte – spiega Valle – se esistono inadempienze o interpretazioni dal punto di vista organizzativo che possono produrre effetti negativi per i pazienti e i medici. Inoltre, dobbiamo conoscere i numeri e come le altre Regioni sono intervenute, con lo scopo di fare proposte migliorative e uniformi sul territorio”.
Un’iniziativa, quella delle minoranze, che impostata sulla falsariga di quella attuata la scorsa legislatura sull’emergenza Covid, non vede una contrarietà pregiudiziale delle forze di maggioranza sul tema anche se qualche puntualizzazione emerge rispetto alla procedura. Per la Lega, il capogruppo Fabrizio Ricca conferma la piena condivisione “ad affrontare la questione”, ma sottolinea come “già la commissione – presieduta dal suo compagno di partito – possa operare con tutte le sue capacità e strumenti, magari accrescendo il numero di sedute, senza dover costituire ulteriori organismi”. Di un “tema delicato che è bene la commissione affronti con gli strumenti che ritiene di adottare nella sua autonomia” parla il capogruppo di FdI Carlo Riva Vercellotti richiamando a “un necessario raccordo con l’assessorato”.
Il tempo per decidere come e con quali strumenti procedere non è molto. Tantomeno quello per mettere ordine in un settore della sanità come quello dell’intramoenia legato, nel bene e nel male, alle liste d’attesa e a quel che potrebbe accadere da gennaio con le nuove tariffe.