Uniti contro gli opposti estremismi

Il ritorno degli “opposti estremismi”. Le recenti immagini di Bologna, e purtroppo anche di altre città italiane, ci restituiscono in modo plastico il ritorno di una stagione che pensavamo fosse ormai alle nostre spalle. Una stagione dove il confronto politico civile e democratico cede il passo ad una persin violenta radicalizzazione, dove la democrazia dell’alternanza è stata sacrificata sull’altare della criminalizzazione dell’avversario/nemico e dove, soprattutto, ritorna protagonista un linguaggio simile a quello cruento ed estremista degli anni ‘60 e ‘70. E le recenti vicende bolognesi hanno confermato uno scenario che comincia ad essere preoccupante ed inquietante. Certo, sotto questo versante le parole assumono un significato non indifferente. Non sono, cioè, una variabile indipendente. E alcuni concetti, e parole, che leggiamo quotidianamente su vari organi di informazione ci confermano, purtroppo, che stiamo lentamente ma progressivamente scivolando verso quella che un tempo chiamavamo semplicemente la deriva degli “opposti estremismi”.

Perché termini espliciti come “rivolta sociale”, “olio di ricino”, “deriva illiberale”, “zecche rosse”, “rischio fascismo”, “svolta autoritaria”, “sfregio della Costituzione”, “riduzione delle libertà democratiche” sono il miglior brodo di coltura per innescare un processo politico, e di piazza, che può diventare di difficile dominio e controllo da parte delle stesse forze dell’ordine che, non a caso, stanno svolgendo un lavoro come sempre encomiabile e delicato ma purtroppo in un contesto sempre difficile e complicato. Ecco perché siamo arrivati ad un bivio. E cioè, o arriva uno stop ad una narrazione del tutto virtuale e caricaturale oppure, e al contrario, si radicalizza ancor più lo scontro politico con il rischio, sempre più concreto, che le tristi vicende degli anni ‘60 e ‘70, seppur in un contesto storico profondamente diverso rispetto a quei tempi, si ripropongano in forma diversa ma con la medesima pericolosità.

E questo perché la qualità della democrazia, il rafforzamento delle istituzioni democratiche e la stessa efficacia dell’azione di governo non sono affatto compatibili con la sostanziale criminalizzazione politica e culturale dell’avversario/nemico e neanche con la sua permanente e radicale delegittimazione morale. Purtroppo, oggi dobbiamo constatare che la qualità della democrazia italiana, tema caro non soltanto ai cattolici democratici e popolari ma alla miglior cultura riformista e democratica del nostro paese, stenta sempre di più a fare breccia. È appena il caso di registrare il concreto confronto quotidiano tra le varie forze politiche per rendersene conto. E la deriva degli “opposti estremismi”, appunto, segna la definitiva ed irreversibile caduta di credibilità non solo della politica democratica ma anche della possibilità di creare le condizioni per una normale e fisiologica alternanza di governo tra le varie forze politiche in campo. Ed è anche per questi motivi che, oggi, evocare la necessità di una “rivolta sociale” complessiva invitando tutti i cittadini a scendere in piazza può innescare una spirale difficilmente controllabile. Insomma, è di nuovo arrivato il momento che le migliori coscienze democratiche del nostro paese si facciano sentire. Senza una nuova e rinnovata assunzione di responsabilità, il consolidamento degli “opposti estremismi” è semplicemente dietro l’angolo.

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