Autonomia, ma a casa propria. Lombardia frenata dal governo
Stefano Rizzi 07:00 Mercoledì 13 Novembre 2024Accordo raggiunto sulle tariffe per i privati accreditati. Saranno uguali per tutto il territorio nazionale. Possibilità di alzarle solo per le Regioni in attivo e limitate ai residenti. Un calmiere per arginare il divario tra mobilità attiva e passiva. Un vantaggio per il Piemonte
Autonomia in dosi da farmacista. È l’esito del complicato confronto tra le Regioni che ieri si è concluso con le istanze della Lombardia molto ridimensionate e un Sud che, pronto alle barricate, sventa il temuto tentativo di una parte del Nord di portare in ambito sanitario un anticipo di ciò che attende dalla riforma scritta da Roberto Calderoli. La questione sul tavolo della Conferenza delle Regioni e dell’incontro con il ministero della Salute era, come anticipato pochi giorni fa, quella del nuovo nomenclatore sanitario, ovvero il tariffario da applicare alle prestazioni fornite dalle strutture private accreditate.
Atteso da anni, l’aggiornamento delle tariffe nella bozza di decreto porta con sé una novità di non poco conto e fonte di diverse visioni tra le Regioni. Per la prima volta, infatti il Governo ha stabilito l’impossibilità per gli enti territoriali di aumentare le tariffe stesse rispetto a quanto previsto dal nomenclatore. Una decisione motivata, soprattutto, dalla necessità di evitare disparità di costi che inevitabilmente ricadono in maniera pesante su quelle Regioni con una pesante mobilità passiva, ovvero pazienti che vanno a curarsi altrove, e il cui saldo con quella attiva continua a essere scritto in rosso.
Scelta, quella del Governo, che non è piaciuta affatto a chi appunto ha un saldo decisamente positivo, in primis la Lombardia, ma anche il Veneto e non molte altre regioni. Trattandosi poi di risorse da destinare al privato accreditato, non stupisce che a Palazzo Lombardia si sia guardato a quell’oltre 30% del sistema sanitario rappresentato proprio dalle strutture private e dalle possibili conseguenze da quel limite governativo che, peraltro, sembra pure un avviso ai naviganti verso i lidi dell’autonomia rafforzata. Alla fine la commissione Salute composta da tutti gli assessori alla Sanità e presieduta, in assenza dell’emilianoromagnolo Raffaele Donini, dal suo vicario il piemontese Federico Riboldi, ha trovato col ministero una quadra che se non accontenta proprio tutti, certo non scontenta molti.
Lo spazio di manovra rivendicato dalla Lombardia ci sarà, ma sarà limitato alle Regioni che sono in attivo di bilancio, ma soprattutto non potrà valere per quanto riguarda le prestazioni che riguardano la mobilità infraregionale. Per dirla in soldoni, il Piemonte pagherà alla Lombardia le prestazioni erogate dalla sua sanità accreditata a chi deciderà di curarsi Oltreticino, la stessa cifra che pagherebbe a una struttura con sede entro i confini piemontesi, ma anche della Campania o del Veneto.
Evidente l’intento di ridurre o, comunque, evitare la disparità spesso enorme tra mobilità attiva e passiva nel Paese e in particolare da Nord a Sud. I dati più recenti, relativi al 2023, dicono che oltre un milione e messo di italiani varca i confini regionali per curarsi con un “giro d’affari” che supera i 4,6 miliardi e vede accentuarsi ulteriormente il divario tra Nord e Sud. Gli stessi dati attestano per la Lombardia un saldo positivo di 579 milioni, precedendo l’Emilia-Romagna con 465 milioni e il Veneto con 189, mentre restano al Nord il Piemonte soffre ancora un disavanzo di circa 8 milioni. E proprio le casse della sanità di Regioni come il Piemonte è facile immaginare che trarranno vantaggio da questo calmiere imposto con il nuovo nomenclatore, non dovendo più pagare cifre maggiori rispetto a quella previste per le strutture accreditate che operano entro i propri confini.
Una decisione, quella formalizzata ieri, che mitiga almeno in parte i fortissimi malumori che arrivavano dal meridione dove già cova neppur troppo sotto la cenere la rabbia e la forte opposizione all’autonomia rafforzata. E se l’assessore Guido Bertolaso ha incassato con stile il ridimensionamento delle richieste dell’amministrazione guidata dal leghista Attilio Fontana, ora in Lombardia così come nelle altre Regioni cui è concessa la facoltà di rivedere al rialzo alcune tariffe si aprirà una trattativa con i privati in particolare sulla diffrenziazione delle tariffe per i residenti e per chi arriva a fuori. Privati, peraltro, già piuttosto critici per alcune pesanti riduzioni di alcune voci del tariffario. Ma sarà una questione che rimarrà entro i confini. Insomma, autonomia sì ma con juicio. E neppure troppo adelante. Soprattutto limitata a casa propria.