Atp, sport e business

Torino sta vivendo il suo ennesimo evento internazionale. Le Atp Finals sono in pieno svolgimento: la città è stata travolta da sponsor, spettatori, amanti del tennis e fan di Sinner. L’albergo dove soggiornano i campioni della racchetta è letteralmente assediato da persone che sperano di vedere, anche solo per un attimo, i loro beniamini.

Intorno alle Atp ruotano investitori, pubblicità e soprattutto parecchio denaro. Gli alberghi, nonché il circuito degli alloggi vacanza, registrano da tempo il sold out delle prenotazioni, e allo stesso tempo i locali del centro sono la meta serale di coloro che (sostenendo elevati costi) assistono ai duelli che si combattono sui campi in terra rossa. Il vincitore delle gare incasserà un premio di circa sei milioni di euro (cifra con cui si potrebbe risanare un intero quartiere della periferia torinese), a conferma del business che genera la sfida tra i campioni del tennis.

L’area di piazza D’Armi è ancora una volta il cuore pulsante dell’appuntamento sportivo internazionale, così come già avvenne durante le Olimpiadi invernali del 2006. Il parco non solo è prospicente al palazzetto in cui si disputano i confronti tennistici, nonché accanto ai campi di allenamento, ma ospita pure la sede del Turin Fan Village: una sorta di centro commerciale messo a disposizione dell’appassionato pubblico (così come di chi voglia accedervi pagando un ticket di dieci euro). 

La struttura, in cui sono stati inseriti ristoranti e negozi, occupa una porzione del Parco e porta la firma di un famoso architetto torinese. Il progettista ha dichiarato recentemente di non voler smantellare il Fan Village, al temine degli appuntamenti Atp, ma di lasciarlo a Torino quale eredità dell’evento (come avvenne per alcune strutture olimpiche “provvisorie” dopo il 2006). La politica sembra orientata ad accogliere questo desiderio, trasformando così il quartiere di Santa Rita in una cittadella dello sport. 

Purtroppo, ancora una volta, l’immagine sovrasta la realtà delle cose. Il parco di piazza D’Armi, ad esempio, cade periodicamente nelle grazie dei cementificatori: l’importante polmone verde è infatti impegnato sin dagli anni ’70 a difendersi da coloro che vorrebbero trasformarlo in un parcheggio, magari in un terreno edificabile, oppure in zona commerciale o area relax per alberghi olimpici (come era stato proposto nel 2005). Una parte consistente del parco è stata sottratta al verde negli anni ‘70, per costruire una caserma dell’Arma e un eliporto (in seguito trasformato in area camper), mentre in occasione delle Olimpiadi il cemento ha ricoperto una buona parte del prato adiacente all’ex Stadio Comunale.

Fabbricati, piastre, lastre di cemento hanno spesso impattato il parco dimostrando come, ancora una volta, la speculazione economica sia prioritaria rispetto ai bisogni della comunità. Devastazioni appartenenti al passato, secondo alcuni, per cui molto distanti dal progetto annunciato in questi giorni da chi governa Torino, ma purtroppo fare del quartiere di Santa Rita il “Villaggio dello sport” è una speranza negata dallo stato reale delle cose.

Torino Sud, in effetti, è ricca di impianti sportivi. Sul territorio esistono piscine pubbliche, campi da calcio comunali e campi da tennis, oltre a molteplici palestre scolastiche: numeri che in teoria permetterebbero di definire il quartiere “Amico dello Sport”. La situazione effettiva, però, è decisamente diversa da quella che appare leggendo i comunicati stampa assessorili.

Gli impianti sono in genere chiusi per mancanza di manutenzione, oppure affidati in gestione ai privati, i quali ne fanno sovente una fonte di business senza curarsi troppo della cittadinanza, a cui (è bene ricordarlo) appartengono gli immobili (essendo beni comuni pubblici). La distanza tra cittadini e sport è tristemente misurata anche dal mancato coinvolgimento, nella realizzazione della settimana dedicata alle Atp, delle scuole e delle associazioni sportive di base (quelle che davvero educano all’attività fisica tanti giovani). Nel caso però si voglia intendere l’attività sportiva come una serie di strutture utilizzate quasi sempre con lo scopo di fare profitto, allora si: il quartiere, così come buona parte della città, può diventare tranquillamente la “Cittadella dello Sport”. 

La prossima applicazione della nuova normativa riguardante le concessioni di impianti sportivi, ideata per consentire di affidare direttamente (e per lungo tempo) le strutture ai concessionari in essere, è l’incontestabile dimostrazione di come il Comune sottometta la pratica sportiva al dio denaro.

Ben venga l’idea di dedicare un intero quartiere torinese allo sport, ma per raggiugere l’ambizioso obiettivo non basta sacrificare un parco al Fan Village delle Atp. Occorre, invece, non abbandonare a sé stessi, o al privato, i tanti impianti sportivi ospitati dal territorio: garantire la manutenzione delle piscine, così come delle palestre, significa consentire ai giovani, alle persone dal basso reddito, di fare sport.

Distruggere piazza D’Armi per realizzare parcheggi, oppure i sogni di un architetto, è scelta utile solamente alla cura dell’immagine pubblica di qualcuno: nulla a che fare con il vero sport.  

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