Gli errori di Stellantis e il dopo Tavares
Claudio Chiarle 06:00 Mercoledì 20 Novembre 2024
Riprende slancio, con la gara a chi la spara più grossa, la corsa agli esuberi nel settore automotive, ai milioni di ore di cassa integrazione e alla fine degli ammortizzatori sociali. Sarà cinico e paradossale ma è l’ultimo dei problemi. Questo Paese con qualsiasi governo non ha mai fatto mancare la risorsa dell’ammortizzatore sociale anche inventandosi formule e deroghe specifiche. Da Fiat, poi Fca, ora Stellantis non ci sono mai stati licenziamenti unilaterali, ogni riduzione del personale è stata concordata con il sindacato. Se ci concentriamo su questo rischiamo di discutere solo di come chiudere gli stabilimenti anziché delle possibili vie d’uscita dalla crisi.
Un dato è certo: Carlos Tavares ha fatto degli errori e prima lascia prima Stellantis può provare a ripartire. Perché le cause delle difficoltà di Stellantis stanno nei modelli e nell’organizzazione delle fabbriche. La Maserati, nei primi nove mesi dell’anno, in Europa, ha immatricolato meno di 6mila vetture, Porsche 77mila e Land Rover oltre 99mila. Alfa Romeo, considerato brand premium, fa registrare un -13% sul 2023 in Europa per non parlare del mercato Usa in cui le vendite sono crollate e dove la Tonale, ad esempio, ha una diretta concorrente in casa: la Dodge Hornet. Si capisce allora il crollo del mercato e le contraddittorie scelte di prodotti. Sergio Marchionne sfidò colossi come Bmw, Audi e Mercedes; dopodiché Alfa Romeo fu trascurata come è stato trascurato il mercato Usa anche con i problemi di Jeep e Chrysler. Sicuramente bisogna anche considerare l’influenza dei mercati interni come la Germania che è il doppio di quello italiano con una previsione di circa 2,5 milioni di auto immatricolate a fine anno.
Non ha funzionato la rete di vendita promessa e programmata sopratutto negli Stati Uniti se consideriamo che è il maggiore mercato sia per Alfa Romeo, insieme all’Italia, sia per Maserati. E questa è una grande responsabilità di Tavares. Stellantis non ha competitività, ovvero qualità e prezzi accessibili perché nell’Europa allargata c’è una crescita dell’1%, di immatricolazioni e in Italia abbiamo un +2,1 sul ‘23. Germania e Francia fanno rispettivamente -1 e -1,8% rispetto all’anno scorso, ma Stellantis crolla a -5.9% trascinata dai marchi ex Fiat, Lancia, Alfa. Con Citroen a +0.8% e Peugeot che perde intorno al 4,5%. Oltretutto la metà dei mercati europei sono in crescita ma i paesi positivi non sono significativi come quantità di immatricolazioni, ad esclusione di Spagna (+4,7%) e Italia. Allora c’è proprio qualcosa che non va in Stellantis perché anche il crollo di Volkswagen è dovuto molto alle esportazioni verso la Cina e non alla scarsa qualità del prodotto.
Il secondo errore imputabile a Tavares è l’avere privilegiato il processo produttivo di Psa a scapito di Fca che aveva un’organizzazione del lavoro ben strutturata. Su questo hanno gioito parecchi sindacalisti e politici ma oggi credo che il loro silenzio su tale argomento dimostri quanto si debba rimpiangere il lavoro fatto da Marchionne e gli accordi sindacali di quel periodo. Tutto cancellato a scapito della qualità del prodotto. Alfa Romeo, Lancia, Maserati sono marchi iconici, particolari, con loro peculiarità in tutti i modelli, basti pensare a quanto vende ancora la piccola Y10. I modelli di questi brand a volte assomigliano più a una Peugeot o a una Opel che alla loro iconocità. Insomma, hanno perso l’anima.
Non esiste più il Wcm (World Class Manufacturing). Oggi Stellantis ha una crisi globale che parte dall’incertezza e destrutturazione delle linee di montaggio, almeno in Italia, al non avere realizzato modelli competitivi sui segmenti più alti, all’avere concentrato molte responsabilità direttive e progettuali in Francia da cui emergono i limiti. Non ultimo nell’avere compresso i costi dell’indotto chiedendo prestazioni produttive alte e pagando in ritardo e al ribasso.
La “caccia” al successore di Tavares è aperta e qui tocca a John Elkann; i candidati sono parecchi, anche esterni,m a Elkann punta a scelte interne e una menzione particolare merita Antonio Filosa, italiano, chiamato a risollevare le sorti di Jeep e del mercato americano. Il rischio quando si tratterà di fare le scelte è che in Italia si discuta della buonuscita di Tavares anziché delle qualità del suo successore. A partire dalla politica locale e nazionale si torni a fare lobby e pressione affinché prevalgano merito e competenza magari se parla anche italiano, meglio.