Le coalizioni cambieranno
Giorgio Merlo 06:51 Venerdì 22 Novembre 2024
Il voto nelle ultime tre regioni – Liguria, Umbria ed Emilia Romagna – hanno confermato alcune tendenze politiche con cui occorrerà fare i conti nei prossimi mesi e, soprattutto, in vista delle prossime elezioni politiche. Sono almeno 3 gli elementi, al netto di un sempre più preoccupante ed inquietante astensionismo elettorale, al centro del dibattito politico e che, inesorabilmente, sono destinati a cambiare le dinamiche della politica Italiana.
Innanzitutto è tornata, ma questa volta dal basso e senza essere stata pianificata dal vertice del partito, la tradizione ”vocazione maggioritaria” del Partito democratico. Ovvero, al crescente aumento dei consensi al Pd fa da contraltare la caduta elettorale degli altri partiti della coalizione che sono ridotti sempre più a semplici e banali cespugli. Una “vocazione maggioritaria” che, indubbiamente, rafforza e consolida il Pd come partito perno dell’alleanza progressista ma che, però, trasforma la coalizione in una sorta di partito unico attorniato da soggetti e movimenti – inventati anche a tavolino – che dovrebbero solo confermare la natura plurale della coalizione stessa.
In secondo luogo il ruolo del Centro. Ora, su questo versante è indubbio che nella politica italiana, e ieri come oggi, “si vince al centro” e, soprattutto, “si governa dal centro”. Queste parole di Guido Bodrato, pronunciate molti anni fa, conservano una straordinaria attualità e modernità anche con il Governo presieduto da Giorgia Meloni che, al di là della sua indubbia capacità e competenza politica, non proviene dalla cultura politica riconducibile anche solo vagamente al Centro. Ora, appena letti i risultati elettorali è decollato l’ormai solito e anche un po’ stantio dibattito su come catturare l’elettorato centrista che, al di là di ogni giudizio sempre rispettabile resta, comunque sia, decisivo per far pendere la bilancia dall’una o dall’altra parte. Elettorato centrista più che non partiti centristi.
Su questo versante, però, occorre essere molto chiari e non ipocriti. Si tratta di un elettorato che difficilmente può essere intercettato da partiti strutturalmente esterni ed estranei alla cultura centrista e nè, soprattutto, è compatibile con atteggiamenti e comportamenti faziosi, settari, populisti e sempre estremisti o radicali. Ed è per queste ragioni che, al di là delle ridicole e persin grottesche autoinvestiture, “la politica di centro” e lo stesso elettorato di centro - peraltro decisivi per la vittoria finale - potranno essere declinati ed intercettati solo da partiti che autenticamente si comportano in quanto tali. Sono esperienze che non nascono a tavolino o pianificate dall’alto ma che, al contrario, possono avere una forte ricaduta politica solo se sono il frutto di una domanda vera ed autentica che nasce dal basso. Solo così potremmo parlare di un Centro credibile, vero e non finto o virtuale elaborato da qualche tattico o stratega di turno.
In ultimo, ma non per ordine di importanza, la credibilità e l’autorevolezza della classe dirigente che si mette in campo. E il risultato di chi ha vinto nelle singole regioni lo ha confermato in modo persin troppo chiaro da doverlo ancora approfondire ulteriormente. E cioé, passata di moda la sbornia populista, demagogica e qualunquista dei 5 stelle forse ritorna di interesse la qualità, la statura e l’autorevolezza della classe dirigente. “L’uno vale uno” che, purtroppo, ha contagiato vari e vasti settori della politica italiana dovrebbe essere arrivato al capolinea. Un capolinea che, però, adesso è stato deciso e certificato dagli elettori nella scelta dei candidati a Presidente nelle varie regioni.
Ecco perché l’esito delle recenti elezioni regionali può, oggettivamente, cambiare in profondità l’evoluzione della politica italiana. Perché, a volte, più dei conciliaboli e delle invenzioni a tavolino, contano le concrete scelte degli elettori e dei cittadini attraverso il voto popolare.