GIUSTIZIA

Magistrato che sbaglia non paga: in 14 anni appena 12 condanne

Dal 2010 ad oggi sono state avviate 815 cause di responsabilità civile, in media 58 l'anno: solo nell'1,4% si sono chiuse con la condanna della toga. "La legge fa acqua da tutte le parti e va modificata", spiega l'ex ministro Costa (Forza Italia)

Le norme sulla responsabilità civile hanno portato in 14 anni a sole 12 condanne di fronte a 815 cause intentate contro lo Stato che hanno finora prodotto 311 sentenze definitive. A rivelarlo è Enrico Costa, deputato di Forza Italia ed ex viceministro della Giustizia. Dal 2010 ad oggi sono state avviate 815 cause di responsabilità civile nei confronti dei magistrati, in media 58 l’anno. Dal 2010 ad oggi ci sono state 311 pronunzie definitive. Dal 2010 ad oggi lo Stato ha subito solo 12 condanne (1,4% delle cause iscritte). Alcune cause certamente si sono infrante contro il filtro di ammissibilità, soppresso dalla riforma del 2015, altre sono state rigettate, altre ancora sono ancora in corso. “Ma la tendenza è chiara – spiega il parlamentare piemontese –. Quando venne approvata la legge del 2015 si è prevista, nella relazione tecnica, una proiezione di aumento delle condanne, prevedendo 10 condanne l’anno per una cifra complessiva di 540.000 euro. Era una cifra minima se si pensa ai numeri della responsabilità professionale nei vari settori. Ma a superare di poco le 10 condanne ci sono voluti molti anni” sottolinea Costa.

«Sono dati chiarissimi – rimarca l’esponente azzurro – che dimostrano che la legge fa acqua da tutte le parti e va modificata. Tutto ruota intorno alla clausola in base alla quale “non può dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove”, che rappresenta lo scoglio sul quale si infrange la responsabilità civile. Ma la “valutazione del fatto e della prova” rappresenta anche l’essenza del delicato lavoro del magistrato: se in quella fase ci sono errori che danneggiano il cittadino, perché questi non può chiederne conto? Se un medico sbaglia una diagnosi, un ingegnere sbaglia un calcolo, un sindaco sbaglia una delibera, si attivano meccanismi di responsabilità, che per i magistrati sono inimmaginabili». Quello dell’autonomia e indipendenza è «ormai lo scudo che esonera dal dover rispondere degli errori. Vale per le valutazioni di professionalità, per la responsabilità disciplinare, per quella contabile e, come emerge dai numeri, per quella civile. Purtroppo, la politica non fa seguire alle parole alcun atto concreto e chi sbaglia continua a non pagare», conclude Costa.

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