Cogefa, dietrofront del Tar: resta l'interdittiva antimafia
12:06 Venerdì 22 Novembre 2024Dopo averla sospesa i giudici amministrativi del Piemonte respingono l'istanza del colosso delle costruzioni, colpito dalla misura della Prefettura. Udienza nel merito a fine aprile 2025. L'azienda sarà ancora in vita?
L’interdittiva antimafia che ha colpito la Cogefa, colosso delle infrastrutture che tra le tante opere sta realizzando i cantieri del Tenda e lo scavo del tunnel del Moncenisio, resta in vigore. Il Tar del Piemonte con una sentenza pronunciata al termine della camera di consiglio del 20 novembre 2024 nel respingere l’istanza cautelare presentata dall’azienda si è sorprendentemente rimangiato il pronunciamento del 21 ottobre scorso con il quale lo stesso tribunale aveva accolto la richiesta di sospensiva del provvedimento preso dal Prefetto di Torino dopo il mancato rinnovo dell’iscrizione dell’azienda nella cosiddetta “white list”. I giudici amministrativi che solo una ventina di giorni fa ritennero motivate le ragioni di impugnazione – nei fatti smontando la misura emessa dalla Prefettura basata su fatti “troppo risalenti nel tempo”, “interessando anche persone decedute oltre quindici anni addietro”, al punto che “si può al momento solo immaginare un coinvolgimento indiretto degli attuali amministratori” – ora ribaltano la valutazione. Stesso Tar, stavolta in composizione collegiale, stesso presidente di sezione: Raffaele Prosperi.
Citando a supporto due sentenze dei colleghi campani, il Tar piemontese argomenta la decisione affermando che la Prefettura ha correttamente seguito i principi ben noti (e controversi) dell’informativa antimafia – misura discrezionale valutata “secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio”, il cosiddetto “più probabile che non” – e che “sono sufficienti anche situazioni indiziarie”, come quelle relative ai gradi di parentela, come nel caso di un componente della famiglia Fantini, proprietaria della società, seppur senza incarichi né ruoli, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Inoltre, i giudici di via Confienza ritengono che l’istanza cautelare della Cogefa “sia sprovvista del requisito del fumus boni iuris essenziale” per il suo accoglimento, potendo attendere di vedere eventualmente riconosciute le proprie ragioni non solo l’udienza pubblica sul merito – fissata il 29 aprile 2025 – ma anche ipotetiche “misure adeguate per assicurare che il provvedimento impugnato non leda irrimediabilmente gli interessi pubblici sottesi all’esecuzione dei contratti in corso di esecuzione”. Ovvero interventi di cosiddetta “prevenzione collaborativa”, previsti dal Codice antimafia, volti a salvaguardare attività e occupazione delle aziende. In ultimo, per quanto concerne il “periculum”, “la ricorrente paventa un pregiudizio meramente economico che potrebbe essere oggetto di ristoro per equivalente in caso di futuro accoglimento nel merito del ricorso”. Sempre che nel frattempo, l’azienda sia ancora in piedi. Cogefa annuncia che ricorrerà al Consiglio di Stato.
La sensazione, al netto della sconcertante sorpresa per una così repentina giravolta, è che sul Tar sia prevalso l’impianto accusatorio della procura penale. Di certo non si combatte la mafia mettendo le aziende in condizioni tali da compromettere la loro stessa esistenza. Per questa ragione la strada del commissariamento sembra e sembrava fin dall’inizio quella più sensata e ragionevole: per salvare uno tra gli ultimi “colossi” delle costruzioni in Piemonte con 400 dipendenti diretti e 1.200 complessivi, ed evitare gli effetti collaterali di fermare alcune opere strategiche come quella del Tunnel di Tenda e della Torino-Lione.