GRANA PADANA

Terzo mandato ed election day, Salvini prende (e perde) tempo

Stretto nella morsa tra Meloni e Zaia, il Capitano prova a dare l'immagine del combattente. Ma la "ducia" di Colle Oppio non ha alcuna intenzione di cedere. E nella Lega il fronte del Nord è ormai pronto a esplodere. E lui pensa ai diversivi (il voto alle Province)

Chiede il terzo mandato per tutti, governatori e sindaci, ma è il Veneto il suo principale cruccio. Matteo Salvini da Torino a margine dell’assemblea nazionale dell’Anci lancia un segnale ad alleati ma soprattutto cerca di calmare l’onda mugghiante che si leva dal Nord. Ci prova o almeno dare l’impressione di provarci, visto che le speranze che Giorgia Meloni ceda sono ridotte al lumicino. “Non c’è nessun limite di mandato per i parlamentari, per i senatori e per i ministri e non si capisce perché un sindaco o un governatore debba avere questo limite – ha detto il leader al suo arrivo al Lingotto –. A pensarla così temo che sia solo la Lega, io posso continuare a essere convinto di questo, ma se in parlamento tutti gli altri votano contro ne prendo atto e guardo avanti”.

Già ma davanti a lui si staglia il profilo di Luca Zaia, sempre più nervoso e combattivo. “La Lega governa bene il Veneto da tanto tempo, proporremo che continui a guidare il Veneto”, ribadisce lasciando trasparire scarsa convinzione. Nelle urne di qualche giorno fa il tonfo della Lega è stato dirompente. Il flop più rilevante in Umbria, dove il partito è passato dal 37% del 2019 al 7,7%, ma i numeri sono stati impietosi anche in Emilia-Romagna con un 5,2%, differenza abissale rispetto al 32% delle ultime regionali. Alla luce di questi risultati, Fratelli d’Italia) si prepara a dare l’assalto e rivendicare le candidature nelle regioni prossime al voto, con particolare attenzione proprio al Veneto. Un banco di prova strategico per FdI, che ambisce a Palazzo Balbi. I nomi non mancano: l’ex assessora all’Istruzione ed europarlamentare Elena Donazzan, il ministro Adolfo Urso, il senatore di Pieve di Cadore Luca De Carlo.

Salvini prova a rassicurare il Doge: il Veneto resterà alla Lega. Sono però parole e Zaia non si fida. Intanto, cerca di prendere tempo. Il mandato di Zaia scade nell’autunno del 2025, ma il leader della Lega è intenzionato a spingere per un unico election day per le regionali, da tenersi nella primavera successiva: “Proporrò anche all’opposizione un ragionamento su un unico periodo elettorale, perché se mandi la gente a votare ogni tre mesi poi hai l’astensione – ha spiegato –. Votare sotto la neve non mi sembra geniale, proporrò che tutte le elezioni comunali e regionali vengano svolte in primavera fra aprile e giugno”. Per lui una bella bocca d’ossigeno. Quella che inizia a mancargli in Lombardia.

La Lega lombarda il 15 dicembre dovrà scegliere il segretario regionale dopo il periodo di commissariamento affidato al deputato Fabrizio Cecchetti. In campo ci sono ancora due candidati, il deputato Luca Toccalini, coordinatore della Lega Giovani e fedelissimo del Capitano, con cui è “cresciuto” politicamente, e il capogruppo in Senato Massimiliano Romeo, non certo un descamisado ma che ha riservato a Salvini qualche stoccata critica, in particolare sulla necessità di riprendere la “questione nordista” e di allargare il coinvolgimento della militanza. Per dargli il via libera, raccontano, pare gli abbia chiesto di rimettere il suo incarico a Palazzo Madama per affidare la guida dei senatori leghisti per la prima volta a un esponente del Sud, Roberto Marti di Lecce. La speranza è quella di arrivare al congresso con un nome unitario, anche per allontanare possibili divisioni in Lombardia, dopo le fibrillazioni causate dalle uscite del fondatore Umberto Bossi. “Conto di arrivare a un congresso unitario domenica 15 dicembre e ci sto lavorando perché' abbiamo bisogno di sintesi. E la giornata di oggi mi dice che vinciamo dove facciamo proposte. Dunque, dovete portare pazienza per 15 giorni. Farò di tutto perché' sia un bel congresso unitario, di prospettiva, di discussione sulle idee. I giornali si inventano beghe che non ci sono. È da 34 anni che provano a dividerci”, ha ribadito oggi.

Con l’autonomia azzoppata e zoppicante, il partito al Nord sempre più insofferente e mezzo partito dato ormai in franchising al generale Roberto Vannacci, l’ultimo pensiero è per le Province. “Conto che il 2026 sia l’anno in cui i cittadini potranno tornare ad eleggere direttamente i rappresentati delle Province, con funzioni, competenze, risorse e budget direttamente destinato. Penso soprattutto alla manutenzione delle strade e delle scuole”.

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