TRAVAGLI DEMOCRATICI

I riformisti cercano casa (e un leader). Chez Bonaccini per mollare Bonaccini

Orfani di Renzi, traditi dall'ex governatore che s'è dato alla macchia. Un'area del Pd sempre più isolata e in disarmo. Domani la kermesse di Roma, mentre c'è chi guarda a Gori e a Decaro. Manovre dentro e fuori il Pd. Il ruolo di Lo Russo

I riformisti cercano casa (e un nuovo leader). Hanno vissuto gli anni d’oro di Matteo Renzi segretario e premier come una sbornia tanto forte da rendere insopportabile il day after. Subito la presenza di Nicola Zingaretti come un limbo da percorrere in attesa di tempi migliori, ma ora con Elly Schlein si sentono per la prima volta ospiti (non graditi) nella casa che hanno pure loro costruito. C’è chi ha definito il Nazareno una sorta di collettivo studentesco, i balli sui carri del gay pride, kefiah al collo e ambientalismo d’accatto. Gli alleati che cantano Il ragazzo della via Gluck dagli scranni parlamentari. Da Enrico Berlinguer a Greta Thunberg e oltre, “andiamo bene per fare un po’ di cagnara ma semmai finissimo al governo…”. Un pensiero espresso a mezza bocca, con promessa di anonimato, da uno dei tanti orfani del senatore di Rignano. Nessuna polemica è ammessa, viepiù ora che la segretaria è uscita rigenerate dall’uno-due in Umbria ed Emilia-Romagna che pare aver cancellato di colpo tutti i vecchi capitomboli elettorali.

L’appuntamento per fare il punto della situazione è sabato all’hotel D’Azeglio in via Cavour a Roma. In due nomi c’è un bel pezzo della Torino che ha fatto l’Italia, “pensa ora, a farla fare a Elly, Nicola (Fratoianni ndr) e Conte”. Sono gli eredi di don Sturzo e De Gasperi, Nenni e Moro, Craxi, Zanone, Romita, fino a Napolitano. Hanno visto in Stefano Bonaccini il naturale erede di Renzi, un pragmatismo riformista in grado di ricomporre lo scisma di Italia Viva senza perdere l’ancoraggio a sinistra. Testa sulle spalle e radici ben piantate nella scuola emiliana dei Ds. Finalmente tutti di nuovo sotto lo stesso tetto. E invece l’ex governatore ha perso le primarie e poi s’è acquattato per un oltre un anno, prima di squagliarsela alla volta di Bruxelles. La sua lealtà nei confronti di Schlein è stata spesso vissuta come connivenza, la dialettica trasformata in un silenzio plebiscitario.

L’incontro di sabato era già previsto il 5 ottobre, salvo essere rimandato su espressa richiesta della segretaria viste le imminenti elezioni in Liguria. È la base che lo ha sollecitato più volte a Bonaccini: “Ci dobbiamo vedere, ci dobbiamo organizzare”. D’altronde lui nel partito è (o forse era) maggioranza, i gruppi dirigenti continuano a vedere con una certa refrattarietà il nuovo corso. Ma da quell’orecchio lui poco ci sente e pure questa iniziativa sembra fatta apposta per evitare troppi grattacapi all’amica Elly, che ne introdurrà i lavori con tutti gli onori. Dopo l’apertura con i neo presidenti di Emilia e Umbria, Michele De Pascale e Stefania Proietti, sarà la volta del saluto di Schlein e la relazione di Bonaccini, poi i panel tematici su transizione ecologica e riforme, Europa e sanità pubblica. Ci sarà la renziana Maria Elena Boschi, ma anche il cinque stelle Stefano Patuanelli, Confindustria e la Fiom. Difficile individuare una linea, se non nel solco di quella già tracciata da Elly. Il campo è larghissimo, il programma è vasto, lo sconcerto immenso.

Parteciperanno da tutta Italia ma sono in pochi, ormai, a riconoscere in Bonaccini un punto di riferimento. “Dobbiamo capire chi siamo e dove stiamo andando. Stefano ha accolto subito la richiesta di appeasement da parte di Schlein in cambio di una condivisione sui principali dossier del partito, a partire da quello emiliano. Ora però la nostra voce è scomparsa” afferma un ex renziano piemontese. Intorno c’è chi inizia ad agitarsi: si è parlato di un correntone trasversale, da Dario Nardella a Roberto Speranza, ispirata dall’immarcescibile Dario Franceschini. Una nuova AreaDem con l’ex ministro della Salute a prendere il posto di Piero Fassino, recuperando i rapporti con gli ex compagni diessini.

Una settimana fa a Livorno – la stessa città in cui cento anni fa si consumò la scissione dei comunisti dal Partito socialista – l’associazione un tempo veltroniana Libertà Eguale ha promosso un incontro cui hanno partecipato l’ex capo della Fim Marco Bentivogli, il costituzionalista Stefano Ceccanti, l’europarlamentare Giorgio Gori, il numero uno del Copasir Lorenzo Guerini, tra i punti di riferimento di Area Riformista, la componente dei reduci renziani rimasti nel Pd, e poi Lia Quartapelle e Umberto Ranieri, l’ultimo dei seguaci di Giorgio Napolitano, sin dai tempi del Pci. A prendere la parola anche l’ex premier e commissario europeo Paolo Gentiloni. Motori, laboratori, il tentativo di mantenere viva la fiammella riformista.

C’è chi guarda a Gori come possibile nuovo leader, chi scommette su un ruolo da protagonista di Antonio Decaro, che con un occhio guarda al Nazareno e con l’altro alla presidenza della sua Puglia, dopo il decennio targato Emiliano. Chi addirittura immagina un nuovo soggetto, una Margherita 2.0 cui starebbe lavorando il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Ruffini, scuola Dc e un rapporto strettissimo con il Quirinale, sfruttando la rete territoriale della Cisl di Luigi Sbarra e le relazioni e l’ingegno dell’onnipresente Renzi. Un’operazione che potrebbe addirittura non avere l’ostilità di Schlein nell’ottica di costruire una forza in grado di drenare voti al centro e portarli in dote al campo progressista, mentre lei prosegue nell’opera di erosione del M5s. Chiacchiere, discussioni, suggestioni. Per ora di quello si tratta, ma che rendono l’idea del fermento che c’è da quelle parti.

Fino a questo momento Schlein ha concesso ben poco ai suoi avversari interni. Qualche segnale di allargamento è arrivato solo nelle ore più recenti con l’ingresso in segreteria del sindaco di Torino Stefano Lo Russo, unico piemontese al Nazareno, con il ruolo di coordinatore dei sindaci dem a compensazione del passo indietro compiuto su Anci. A due anni e mezzo dalle prossime amministrative sotto la Mole, il modo in cui eserciterà questo nuovo ruolo potrebbe influire sulla sua ricandidatura per un secondo mandato. Ora c’è chi vede in lui un possibile “pacificatore”, il perno di un partito che in Piemonte è rimasto spaccato in due dal giorno dopo le primarie. Durante il suo mandato di sindaco, Fassino costituì un correntone per gestire il partito nella sua regione. Lo chiamò Futuro democratico e un anno dopo perse le elezioni contro Chiara Appendino. Lo Russo non è tipo da mettere in piedi imprese di questo tipo, ma in tanti s’attendono da lui l’esercizio di un ruolo politico almeno nella sua regione. Qualche messaggio è arrivato anche all'orecchio del consigliere regionale Daniele Valle, che a suo tempo fu il coordinatore della campagna di Bonaccini in Piemonte. La macchina si sta mettendo in moto.

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