In piazza è tornata la violenza
Giorgio Merlo 10:37 Lunedì 02 Dicembre 2024
È un copione che si ripete. Puntuale come l’arrivo delle stagioni meteorologiche. Certo, dipende anche e soprattutto dalle cosiddette condizioni politiche. Ma ci sono degli elementi che, seppur nella diversità delle varie stagioni storiche, si ripetono quasi in modo uguale. Parliamo, purtroppo, del ritorno della violenza. Nelle sue varie declinazioni. E quasi ogni giorno lo possiamo registrare dai resoconti de vari organi di informazione. Come sempre, però, ci sono giornali e tv che danno grande risalto a queste notizie e altri che, specularmente, cercano di nascondere il più possibile queste manifestazioni o perché non le ritengono importanti oppure, il più delle volte, perché sotto sotto le condividono sotto il profilo politico.
I luoghi della violenza sono diversi ma gli obiettivi sono quasi sempre gli stessi. Adesso la violenza esplode nelle periferie – Milano, Torino e Napoli docet –, nelle università, nelle piazze durante le manifestazioni studentesche e i cosiddetti cortei pro Palestina. Gli obiettivi da colpire, però, sono quasi sempre gli stessi. Ovvero, le forze dell’ordine, i luoghi istituzionali, il Governo e gli intramontabili “fascisti”. A tutto ciò non possiamo non aggiungere, ciliegina sulla torta, l’invito e l’auspicio alla “rivolta sociale” patrocinata dal sindacato rosso della Cgil che invita la pubblica opinione a rivoltarsi contro la maggioranza di governo espressione della coalizione di centrodestra.
Ora, senza cadere nella solita retorica – ipocrita, perbenista e falsa – che tutte le manifestazioni sono pacifiche, tranquille e sinceramente democratiche, è arrivato anche il momento per dirci una semplice verità. Perché, piaccia o non piaccia, risponde semplicemente ad una verità oggettiva. Ossia, la violenza scoppia – con modalità organizzative ovviamente diverse ma sempre con la stessa finalità – quando scocca la scintilla della criminalizzazione politica e moral dell’avversario/nemico. È la teoria, purtroppo, che risponde alla logica perversa degli “opposti estremismi” e che nel nostro paese è tristemente nota. Ma, per fermarsi alla stagione contemporanea, oggi ci sono le condizioni ideali per fare esplodere una violenza che, francamente, nessuno sa dove può approdare e quali esiti può produrre.
Detto con altre parole, c’è un nemico implacabile e giurato contro cui scagliarsi e contro cui si può scaraventare qualsiasi contestazione. Violenza compresa, come ovvio e scontato. Ieri e per molti anni questo nemico era individuato nella Democrazia cristiana, nella sua classe dirigente e nel sistema politico che ruotava attorno a quel partito e oggi, molto più banalmente, nella coalizione che attualmente è al governo nel nostro Paese. La contestazione si manifesta in luoghi diversi ma con la stessa virulenza e con la medesima intensità. E purtroppo, ieri come oggi, di fronte a questa violenza manifesta ed esplicita non mancano da parte di alcune forze politiche la “comprensione”, la “giustificazione” e, soprattutto anche “l’apprezzamento” per il ritorno del protagonismo delle masse. Ed è per queste ragioni che, di fronte al ritorno della violenza in tutte le sue varie declinazioni – sperando che non degeneri negli atti tristemente noti degli anni ’70 e ’80 – il compito della politica, o almeno di chi ci crede, è quello di sminare il campo dalla criminalizzazione permanente e strutturale contro l’avversario/nemico. Un obiettivo e una prassi che, se non vengono corretti al più presto, possono tranquillamente avere come epilogo finale non solo la riproposizione della violenza di piazza ma quella, ben più grave ed inquietante, contro le persone simbolo del nemico da colpire e abbattere.