Aveva ragione Marchionne
Claudio Chiarle 06:00 Mercoledì 11 Dicembre 2024
Secondo la relazione di valutazione del 2023, aggiornata al 2 dicembre 2024, redatta dal Gruppo intergovernativo del Parlamento Europeo di esperti sul cambiamento climatico le emissioni di gas serra risultanti dalle attività umane sono responsabili del riscaldamento di circa 1,1°C rispetto ai livelli preindustriali. Nel 2022 la fornitura di energia ha rappresentato il 27,4% delle emissioni europee di gas effetto serra, mentre i trasporti interni hanno fatto registrare il 23,8%. La restante quota di emissioni proviene per il 20,3% dal settore dell'industria, per l'11,9% dalle attività residenziali e commerciali e dal settore dell'agricoltura per il 10,1%. Dentro il 23,8 dei trasporti l’auto pesa il 60% e gli autocarri pesanti il 27%. L’auto, insomma pesa circa il 15% del totale delle emissioni di Co2 totali.
Da evidenziare che l'utilizzo del suolo, cioè l’agricoltura, contribuisce alla riduzione delle emissioni. Infatti, grazie all'assorbimento di anidride carbonica da parte delle piante, questo settore ha generato un impatto positivo pari al 7% delle emissioni totali.
L’Europa nelle emissioni di Co2 totali si posiziona al quarto posto con 3,2 mld di tonnellate, la Cina ne produce 15,9 mld seguita dagli Usa con 5,9 mld e dall’India con 4,1 mld di tonnellate. Al quinto posto la Russia con 2 mld e poi Brasile con 1,3 mld di tonnellate. Nel 2021 l’Unione europea era la terza forza produttrice di Co2, ora superata dall’India, e se nel 1990 emetteva il 15,2% di Co2, nel 2021 è arrivata il 7,3%.
Sempre il report europeo del 2023 si “chiede quali siano i tassi delle emissioni di Co2 prodotte da un’auto dove bisogna considerare non solo il Co2 prodotto durante l’uso del veicolo, ma anche le emissioni causate dalla produzione e dallo smaltimento del veicolo stesso. La produzione e lo smaltimento di un’auto elettrica sono meno green di quelli delle auto con motore a combustione interna. I livelli delle emissioni di Co2 prodotti dalle auto elettriche variano, inoltre, in base al modo in cui l’elettricità è prodotta”. Secondo l’agenzia europea per l’ambiente nel 2023 le emissioni medie di Co2 per le auto immatricolate sono inferiori dell’1,4% rispetto al 2022 (106,6 g Co2/km).
Questa breve analisi per dire due cose: la prima che l’Europa ha lavorato molto con risultati soddisfacenti sulla riduzione della Co2 e quindi sui livelli di inquinamento mondiale. La seconda è una conseguenza della prima per cui i livelli di intervento per continuare a contribuire alla riduzione di Co2 vanno realizzati senza penalizzare gli europei. Un’Europa più pulita ma con più europei poveri e disoccupati non serve a nessuno. Questi nostri risultati ottenuti con il progresso scientifico e tecnologico devono essere messi al servizio del benessere del cittadino europeo. Le scelte politiche di miglioramento dell’ambiente devono basarsi sul progresso tecnico e non sul senso di colpa occidentale che sta pervadendo la nostra società.
I dati sull’andamento del mercato dell’auto ci indicano la strada da intraprendere riducendo e attenuando le rigidità, intermedie, sulle tempistiche verso l’elettrico e monitorando costantemente l’andamento del progresso tecnologico e i mercati. Fatti salvi gli obiettivi del 2050, stante la crisi dell’industria automobilistica europea e anche della politica europea, posticipare le tappe intermedie è segnale di attenzione ai cittadini europei senza intaccare l’obiettivo finale. Obiettivo finale che deve prendere in considerazione, per la riduzione di Co2, tutti i sistemi di alimentazione in grado di garantire il risultato sostenendo l’industria dell’auto nella ricerca delle soluzioni migliori e dando delle priorità. Non va drogato il mercato con gli incentivi ma l’industria automobilistica europea va messa nella condizione di costruire auto riducendo i costi di progettazione e produzione. Bisogna intervenire sui costi dell’energia.
A Torino si discute del futuro dell’auto e della Città ma il tema del nucleare non viene mai affrontato, eppure ha una sua potenzialità infinita. Nel mondo muoiono più persone per incidenti stradali, uso di alcol che di incidenti nucleari. È possibile un’auto a energia nucleare?
Temo che purtroppo il dibattito in Italia ruoterà attorno alla grande aspettativa creatasi con l’incontro del 17 dicembre prossimo con Philippe Imparato, responsabile Europa di Stellantis, e questo farà perdere di vista gli scenari mondiale e europei, dove si gioca il futuro di Mirafiori e dell’Italia. D’altra parte Imparato ha anticipato cosa dirà al fallimentare Ministro Urso, quello che non ha ancora capito che le 100mila vetture a Mirafiori sono nel 2030. Il manager dice che nessun stabilimento chiuderà, che porterà in anticipo (novembre 2025) la 500 ibrida a Mirafiori, che la 500E sarà aggiornata, che ProOne verrà a Mirafiori. ProOne è già a Mirafiori, inaugurato a settembre 2024, l’intenzione di aumentare i volumi dei cambi è stata dichiarata ma bisogna vendere le auto per farlo. Senza dimenticare i due modelli Maserati. Cosa ha anticipato Imparato nei giorno scorsi? Le stesse cosa che ha detto Tavares tra settembre e ottobre ‘24, per cui il 17 dicembre non accadrà nulla di nuovo. Mentre è molto importante che l’incontro di stamani (10 dicembre) al Mimit sull’indotto automotive produca risultati soprattutto sugli ammortizzatori sociali straordinari come si fece a suo tempo con la cassa in deroga. Perché il rischio forte è che Stellantis ce la faccia ma l’indotto no.
D’altra parte è impossibile che Stellantis possa in quindici giorni rivedere il Piano Industriale che ripeto, esiste già e sarà confermato perché il problema principale non è il Piano Industriale ma la gestione aziendale, le sue scelte, la squadra. Ogni stabilimento italiano ha già i suoi modelli e anche ciò che ha chiesto il sindacato per Mirafiori, un piccolo modello (che venda) è assegnato come la 500 ibrida. Le questioni urgenti sono la tempistica: come si traghetta sino alla ripartenza del mercato? Servono molti ammortizzatori sociali e soldi. Per cui i fanatici del “quanti soldi abbiamo già dato a Fiat” si mettano il cuore in pace e cerchino di capire che i soldi servono per evitare disastri sociali, licenziamenti come in Germania alla Volkswagen.
Qui subentra il ruolo del governo che per ora è stato fallimentare. In primis il Presidente del Consiglio che non ha mai ricevuto Elkann, poi Urso che non ha una posizione e un’idea chiara sull’automotive ed erano più sue che di Tavares le polemiche distruttive che hanno impedito un dialogo necessario tra le parti. Il Governo faccia la sua parte. Ora tocca alla politica e la politica mi sembra che avendolo compreso, ma essendo bloccata su posizioni ideologiche, sia a destra che a sinistra, ributti palla nel campo avverso.
Che il problema sia la squadra e non il Piano Industriale lo sta dicendo John Elkann con i fatti, lavorando al rinnovo della squadra di comando che dovrà collaborare con il nuovo Ceo. Viene richiamato Kuniskis (uscito a maggio ‘24) alla guida di RAM, la cassaforte americana di Stellantis. Nel 2023 ne sono stati venduti solo negli Usa ben 445mila, come quasi tutta la produzione dell’Italia. Viene richiamato Richard Palmer (uscito a luglio ‘23) come Special Advisor del Presidente.
Due uomini molto vicini a Sergio Marchionne e che hanno lasciato per divergenze con Tavares. A questo dobbiamo badare perché una modifica del Piano Industriale avverrà solo con una nuova dirigenza e chiederlo oggi a Elkann mi sembra ingenuità gratuita e strumentale da parte della politica e di una parte di sindacalisti. Infatti a chi plaude per l’uscita di Tavares e che aveva applaudito al suo arrivo e alla cancellazione dell’era Marchionne ora si ritrova con il Presidente di Stellantis che ricostruisce quella squadra di cui sarà il capo senza il tutoraggio di Marchionne. Questa è la sfida di John Elkann. Sono i corsi e ricorsi della storia e la conferma che le scelte di Marchionne a suo tempo erano giuste. Oggi molti tra politici e sindacalisti dovrebbero rileggersi cosa dicevano a suo tempo. La storia e la memoria non si cancellano.